I MILLE ANNI
DELL' IMPERO
BIZANTINO

TRA INTRIGHI
COMPLOTTI E
COLPI DI STATO
ALLA CORTE DI BISANZIO

 

MICHELE DUCAS-PUGLIA

 

CAPITOLO PRIMO

 

SOMMARIO: PREMESSA; PRODROMI DELLA DIVISIONE DELL'IMPERO ROMANO; DIOCLEZIANO E COSTANTINO; I TETRARCHI E COSTANTINO; COSTANTINO LEGISLATORE; COSTANTINO II, COSTANTE E COSTANZO.

 

PREMESSA

Nel corso di 1074 anni di c.d. Impero romano d'Oriente (la denominazione era stata data solo in Occidente in quanto l'Impero bizantino si considerava romano, come romani o romei erano considerati i suoi cittadini), a Bisanzio si alternarono un centinaio di imperatori (da Costantino I il Grande a Costantino XI Paleologo, v.in Cronologia: Gli Imperatori ecc.).
L'avvicendamento non fu di vere e proprie dinastie, ma, ad eccezione di alcuni casi, era stato di semplici gruppi familiari, che facevano capo a chi riusciva ad appropriarsi del potere e insediarsi sul trono imperiale. Con la conseguenza che in molti casi l'avvicendamento era solo di qualche generazione, con una durata tra i venti e i cinquant'anni.
Erano stati pochi i casi in cui, in seno ad una stessa famiglia si era raggiunto il secolo, pochissime quelle che lo avevano superato.
Questi gruppi sono stati individuati alcuni, come dinastie col nome del primo che l' aveva originata, altri in base alla provenienza geografica.
La successione di tutti quegli imperatori non sempre avvenne pacificamente, nel senso del normale avvicendamento in seno alla stessa dinastia, o nel passaggio non cruento dall'una all'altra dinastia.
Il termine dinastie, come abbiamo detto, non è molto appropriato, perché, in molti casi, si era di fronte ad imperatori (e alla loro famiglia), che mantenevano il potere solo per qualche generazione, in un periodo che di media andava dai venti ai cinquant'anni. Poche avevano raggiunto il secolo, pochissime lo avevano superato.
Spesso accadeva che un gruppo familiare subentrava a un altro con un colpo di stato e in maniera cruenta. Molte successioni ebbero luogo per intrighi orditi nell'ambito della stessa famiglia, da parte di figli nei confronti dei padri, di zii nei confronti di nipoti, di mogli nei confronti di mariti o addirittura delle madri nei confronti dei propri figli. Molte successioni avvennero in seguito a rivolte e lotte civili.
Col risultato che finirono sul trono imperiale appartenenti a qualunque estrazione sociale, che riuscivano a impadronirsene, o in qualsiasi modo, ad appropriarsene. Furono così incoronati imperatori avventurieri, analfabeti, generali ambiziosi, bellimbusti ignoranti che dotati dalla natura di un bel fisico avevano suscitato i desideri erotici dell'imperatrice del momento.
Avevano ugualmente raggiunto il trono, riuscendo a esercitare attivamente il potere, donne alle quali ciò non sarebbe stato consentito in base al divieto opposto dalle stesse leggi, che prevedevano che il nome di imperatrice poteva essere dato solo alla madre e alla moglie dell'imperatore. Era riuscita ad ottenere la corona imperiale anche chi proveniva dal marciapiede ed era dedita alla prostituzione, ma diventerà l'imperatrice più famosa di tutti i tempi. Il suo nome rimarrą scolpito nella storia: era Teodora.
Faremo una piacevole (si spera!) carrellata di tutti questi personaggi, soffermandoci in particolare sui più famosi e sui passaggi avvenuti dall'uno all'altro, con gli intrighi, i complotti e i colpi di stato, come indicato nel titolo. Il racconto, in alcune parti sarà piuttosto truculento. Abbiamo cercato comunque, per quanto possibile, di sdrammatizzare, accentuando invece, per una piccola propensione per il <gotico>, le tinte fosche.

 

 

PRODROMI DELLA DIVISIONE DELL'IMPERO ROMANO.
DIOCLEZIANO E COSTANTINO

Roma per seicento anni dall'inizio della sua storia (anno 753 riconosciuto come quello della sua Fondazione) aveva combattuto i popoli vicini, e quel poco che era riuscita a conquistare, lo aveva perso con Annibale in seguito alla sconfitta subita nella battaglia di Canne. Nei soli cinquant'anni successivi riuscì a risollevarsi conquistando tutta l'area del Mediterraneo, che era così diventato un lago romano.
L'impero si era ingrandito enormemente, tutto accentrato nella sola persona dell'imperatore che non riusciva più a governarlo.
L'idea di una divisione, di carattere amministrativo-militare, era partita da Diocleziano (284-305) il quale per ragioni d'ordine geografico, culturale e religioso, aveva pensato di dividere il potere, affidandolo ad una tetrarchia formata da due Augusti (Augusto era il titolo maggiore) e due Cesari (vice-imperatori) da loro designati. La divisione tra Occidente e Oriente non era quella canonica. Per l'Oriente era usato al più il termine di provincia orientale. La divisione quindi era in prefetture, e, ogni prefettura era a sua volta suddivisa in diocesi e province (divisione che sarà assunta e mantenuta dalla Chiesa)
Vi era anche un altro e più profondo motivo che avrebbe determinato la separazione. La lingua. Da una parte vi erano i popoli dell'ovest-Occidente che erano unificati dalla <lingua latina>. Questa si era sovrapposta alla lingua parlata da ciascuna popolazione. Dall'altra, la <lingua greca> alla quale si erano adeguate le popolazioni di quella parte dell'impero.
Ambedue le lingue avevano portato lo splendore nelle rispettive letterature, ma tra loro esse erano assolutamente incomunicabili.
Diocleziano aveva quindi proceduto ad una divisione in tre prefetture (che Costantino porterà a quattro), con dodici diocesi (portate poi a quattordici). Costantino apportò un'ulteriore riforma nel senso che egli divise le diocesi in province, in modo che le prefetture furono divise in diocesi e queste in province.
Le quattro prefetture (alle quali ci limitiamo) erano:
Prefettura della Gallia, con tre vicari, comprendente Gallia, Spagna e Bretagna.
Prefettura Illirica comprendeva il triangolo del Danubio e mar Adriatico (odierna Austria, Grecia e Turchia).
Prefettura italiana, comprendente l'Italia e tutta l'Africa del nord, con residenza del prefetto a Roma e Milano, mentre il capoluogo era Cartagine che gareggiava con Roma per popolazione e magnificenza.
Prefettura d'Oriente che confinava col mar Nero, comprendeva tutta l'Asia minore con Armenia, Egitto, Siria Arabia e Mesopotamia. Il prefetto risiedeva in Antiochia che eccelleva anche per la sua bellezza. V'erano altre città che la pareggiavano, particolarmente Alessandria d'Egitto.

 

I TETRARCHI E COSTANTINO


Quando Diocleziano aveva costituito la tretrarchia, nella carica di Augusto aveva associato Massimiano Erculio, mentre a ricoprire la carica di Cesare aveva chiamato Costanzo Cloro (era il soprannome derivante dal colore della pelle verdognola), al quale erano affidate le Gallie. A Galerio Massimiano (che ne aveva sposato la figlia) era stato affidato l'Illirico.
Diocleziano aveva deciso di abdicare (305) chiedendo le dimissioni anche a Massimiano Erculio, il quale aveva accettato di malavoglia. I loro posti furono presi dai due Cesari, cioè, Costanzo Cloro e Galerio Massimiano. Diocleziano poi lasciò a Galerio l'incarico di nominare i due Cesari, perciò egli nominò Cesari, Flavio Severo per l'italico e il nipote Valerio Massimino (figlio della sorella) per l'Illirico.
Costanzo Cloro si era nel frattempo ammalato e quando morì (306), i suoi legionari che erano a lui molto legati, elevarono sugli scudi Costantino e lo acclamarono imperatore (York 25 Luglio 306).
Galerio che mirava ad impadronirsi del potere, non poté fare altro che confermare il riconoscimento delle legioni, lasciando a Costantino l'amministrazione della prefettura della Gallia (con Spagna e Bretagna), ma come Cesare, non come Augusto. Cedendo invece il posto vacante d'Augusto a Flavio Severo e assegnando il posto di Cesare, rimasto vacante, a Valerio Liciniano Licinio
Costantino aveva tutte le qualità di un capo, prestanza fisica, bell'aspetto, forza, e si era ben distinto tra i legionari. Egli aveva anche ambizione e certamente per calcolo politico, pur essendo pagano, lasciò che i cristiani professassero liberamente la loro religione.
Subito dopo l'elezione, Costantino aveva dovuto affrontare un periodo burrascoso e di confusione per l'impero che si era trovato con sei imperatori.
Dalle nomine dei due Augusti e due Cesari era stato escluso il figlio dell'imperatore Massimiano Erculeo, Massenzio, che peraltro aveva sposato la moglie di Galerio. Massenzio trova il terreno favorevole per una congiura, che mirò a eliminare i tribuni dei pretoriani e un commissario dell'annona, fedeli a Flavio Severo. Peraltro i quattro tetrarchi risiedevano tutti fuori Roma, ma a Roma richiedevano le contribuzioni che a loro erano dovute.
Il senato e il popolo romano di questa situazione ne erano infastiditi, perciò, con facilità, Massenzio fu proclamato (307) Augusto. Massenzio pensò subito di richiamare il padre Massimiano Erculio, per riprendere la porpora, proteggerlo con la sua autorità e fargli da consigliere.
Contro Massenzio, Galerio inviava Flavio Severo, ma fu questo ad avere la peggio e ad andare a rifugiarsi a Ravenna. Massimiano intervenendo in aiuto del figlio andò a mettere Ravenna sotto assedio. Rendendosi conto che l'assedio non avrebbe dato alcun esito, ricorse all'inganno.
Convinse cioè Severo a recarsi a Roma. A questo punto le versioni divergono. C'è chi afferma che Severo andò a Roma con Massimiano e qui si dette la morte svenandosi e chi invece, che, recandosi a Roma, durante il tragitto, Massenzio gli tese un'imboscata e lo strangolò mettendogli un cappio intorno al collo.
Massimiano pensò quindi di raggiungere in Gallia Costantino e riconoscerlo come Augusto, portando con sé la figlia Fausta da offrire come pegno, ma Costantino la prese in moglie ad Arles.
Galerio invece, raccolto un esercito dall'Illirico si diresse verso Roma perché voleva punire Massenzio, ma giunto in prossimità di Roma, presso Narni, e rendendosi conto che l'impresa non gli sarebbe riuscita, decise di battere la ritirata. Le sue truppe sulla strada del ritorno si dettero ai saccheggi. Rientrato nell'Illirico assegnò a Licinio la carica di Flavio Severo rimasta vuota, col risultato che l'Occidente era rimasto nelle mani di Costantino, Massenzio e Massimiano e l'Oriente in quelle di Massimino, Licinio e Galerio.
Il vecchio Massimiano che si trovava nell' Illirico fu invitato da Galerio ad allontanarsi dai suoi territori e Massimiano si recò in Gallia, rassicurando Costantino che rinunciava alla porpora. Ma, quando Costantino dovette partire per il Reno, a seguito di un' incursione di Franchi, in sua assenza Massimiano mise in giro la voce che Costantino era morto, insediandosi come imperatore
e impossessandosi del tesoro che distribuì tra i soldati per averli dalla sua parte. Costantino, essendo stato avvertito, ritornò ad Arles con tale velocità che colse di sorpresa Massimiano, il quale fece appena in tempo ad andare a rifugiarsi a Marsiglia. Costantino lo inseguì e stava per mettere la città sotto assedio quando gli giunse notizia che Massimiano si era strangolato (!) con le sue mani (310), mentre Galerio moriva un anno dopo (311) di malattia a Nicomedia.
Con la morte di Massimiano e Galerio gli imperatori si ridussero a quattro.
Massenzio che aveva avuto la prefettura italica (Italia e Africa) l'aveva depredata, compiendovi ogni sorta di scelleratezze. Massimino che regnava in Oriente, non era stato da meno di Massenzio nel depredare quei territori. Infine vi era Licinio che governava l'Illirico al quale Costantino aveva promesso e dato in sposa la sorella e via libera per l'Oriente, mentre lui prendeva per sé la prefettura italica, raggiungendo l'Italia dov'erano le truppe di Massenzio.
Massimino era sconfitto da Licinio e moriva non si sa bene se di veleno o di altro, a Tarso (313). I parenti di Massimino non furono risparmiati, e Licinio non solo fece uccidere i suoi due figli, un maschio di otto anni e una femmina di sette, ma fece uccidere anche i figli di Galerio e Severo.
Dopo aver conquistato Torino e Verona, Costantino giunse a Roma dove non si fece troppi scrupoli per il cognato (sua moglie Fausta abbiamo visto, era figlia di Massimiano e sorella di Massenzio) e gli fece tagliare la testa che fu mostrata al popolo.
Rimasero quindi in due Costantino in Occidente e Licinio in Oriente. Dei due, visto com'erano andate le cose, solo uno doveva rimanere per comandare. L'iniziativa fu presa da Costantino che aveva subodorato che il perfido Licinio stava preparando un complotto. Lo raggiunse in Illiria (315) e lo sconfisse firmando un trattato in base al quale i suoi due figli Crispo e Costantino furono nominati Cesari per l'Occidente, il figlio di Licinio, Licinio il Giovane, Cesare per l'Oriente. Inoltre concesse a Licinio i territori della Tracia, Asia Minore, Siria ed Egitto, mentre estese i suoi domini alla Pannonia, Dalmazia, Dacia Macedonia e Grecia.
Costantino nel frattempo aveva affrontato la guerra gotica (322) da cui era uscito vincitore. Non potendo ora tollerare di dividere l'impero con un altro, non dette pace a Licinio fino a quando non lo sconfisse ad Adrianopoli (323). Licinio era degno avversario di Costantino e non si dette per vinto. Riuscì a radunare altri sessantamila uomini e cercò di resistere, ma fu sconfitto nella battaglia di Crysopolis (Scutari) in cui fu fatta una strage di venticinquemila soldati.
Licinio si rifugiò a Nicomedia, dove con l'intercessione della moglie Costanza, sorella di Costantino, rinunciò alla porpora e fu destinato a vivere da privato in Tessalonica dove fu ucciso dopo essere stato accusato di fomentare una rivolta (325).
Costantino riconosciuto unico imperatore (324), ebbe tredici anni di pace per dedicarsi alla sistemazione dell'impero e alla costruzione di Bisanzio (v. in Schegge: Bisanzio la città d'oro). Egli aveva lottato per riunificare l'impero, ma alla fine fu egli stesso la causa della sua divisione definitiva, con la spartizione operata tra i suoi tre figli.
Costantino aveva perfezionato l'organizzazione amministrativa avviata da Diocleziano, costituendo quattro prefetture del Pretorio, due per l'Occidente e due per l'Oriente, trasferendo la sede del governo a Bisanzio, che aveva ricostruito come nuova capitale, nell'area della preesistente Bisanzio, chiamata dopo di lui Costantinopoli (inaugurata l'11.5.330), ma ufficialmente denominata Nova Roma, nome che rimarrà per tutto il medioevo.
L'imperatore, per ricostruire la città e per abbellirla aveva bisogno di danaro che richiedeva ai cittadini sottoponendoli a gravissimi tributi, e per avere disponibilità d'oro, ne creava di nuovi come il <crisagiro> che consisteva in un pagamento d'oro o d'argento ogni quattro anni, richiesto a quelli che esercitavano il commercio.
Molti di costoro per pagarlo dovevano vendere persino la propria casa. A questo tributo furono sottoposti anche gli umili e le prostitute, con la conseguenza, dice lo storico, che ogni quattro anni, quando bisognava pagare, <le città riecheggiavano di pianti, lamenti e frustate. Ai più poveri che non erano in condizioni di pagare una penale, erano inflitte torture. Con il risultato che molte madri per pagare vendevano i propri figli e prostituivano le figlie>.

 

COSTANTINO LEGISLATORE

Costantino era stato anche legislatore. Oltre ad aver emanato editti di carattere pubblico e privato, di normale amministrazione, aveva emanato due leggi che sono ricordate una per la notevole umanità, l'altra per il suo opposto, vale a dire par la notevole crudeltà.
La prima riguardava l'uso (d'antica data), di esporre o uccidere i neonati (l'esposizione avveniva in luogo pubblico in modo che il neonato potesse essere preso da chi desiderasse allevare un bambino). Si ricorreva a questo sistema, quando vi erano nascite indesiderate oppure si ricorreva a questa pratica a causa dell'eccessiva miseria. Quando cioè, i genitori non erano in grado di mantenere i figli, l'esposizione o l'eliminazione erano fatte nella convinzione di una liberazione dalle future sofferenze cui i neonati sarebbero andati incontro. La legge che mirava a soccorrere i genitori in miseria, era troppo vaga e generica per produrre effetti benefici.
La legge, invece, che si era mostrata di una brutalità senza pari, riguardava i rapimenti di donne, che per i romani era un avvenimento normale e risaliva alla fondazione di Roma, cioè al ratto delle Sabine (prendere in braccio la sposa per varcare la soglia è un ricordo di quella vicenda), di cui erano stati essi stessi gli autori ma non volevano che altri lo facessero!
Per il rapitore era stata comminata la pena di morte. Non però una morte subitanea, ma una morte sofferta, come l'essere bruciato vivo (in cui la morte avveniva per soffocamento), o peggio, essere sbranato nel circo dalle belve.
A nulla valeva la dichiarazione della donna (che finiva sempre per accettare il fatto compiuto), di essere stata rapita col proprio consenso. In questo caso anche lei subiva la stessa sorte. Ai genitori della ragazza era fatto obbligo di accusare pubblicamente le figlie. I genitori che riuscivano ad occultare o facevano risposare la figlia, erano puniti con la confisca dei beni e l'esilio. Anche gli schiavi erano coinvolti perché si riteneva che fossero complici nella fuga, per questo per loro era prevista o la morte al rogo oppure era loro versato in gola piombo fuso!
Il delitto non era soggetto a prescrizione e l'accusa poteva essere rivolta da chiunque, anche dagli stranieri. Lo stesso Costantino si era reso conto della crudeltà di questa legge che in alcuni casi aveva cercato di temperare.
Altra legge codificata da Costantino (316) era stata quella delle donazioni introdotta per la prima volta nel diritto romano, per la quale era richiesto l'atto scritto e la <traslatio> vale a dire la consegna del bene donato. Essa sarà successivamente perfezionata e, in ogni caso, non è da confondere con quella più famosa e falsata, che va sotto il nome di <donazione di beni alla Chiesa> o <donazione di Costantino> che Costantino avrebbe fatto, dopo essere guarito dalla lebbra, al papa Silvestro I e dopo essere stato battezzato.
Si era trattato di un falso senza precedenti, stilato da un monaco che, per l'enormità delle concessioni, certamente aveva voluto fare un tiro burlone, o, in ogni caso fare un gesto compiacente in favore della Chiesa. Questo falso storico era stato redatto probabilmente nello scriptorium (1) dell'abbazia di s. Denis (v. Abelardo ed Eloisa), con successivi rimaneggiamenti operati in Italia, oppure nel monastero di s. Silvestro, da un monaco bizantino.
Questo testo era stato redatto e aveva iniziato a circolare (sia in latino sia in greco) nella seconda metà del VII sec.. Nel XII sec. sotto forma di <postilla>, era stato aggiunto ad un <Decretum costituito>, vale a dire ad una raccolta di diritto canonico. Essa indicava una serie di concessioni e dichiarazioni (Costituto Constantini) che Costantino avrebbe fatto al papa Silvestro I (314-335), in un documento che redatto e firmato dall'imperatore, sarebbe stato messo sul corpo di s. Pietro! (v. in Schegge Dalla Donazione di Costantino al Corpus juris canonici).

1. Gli scriptoria dei monasteri erano la fucina della cultura, che, dalla caduta dell'impero romano d'Occidente era diventata monopolio della Chiesa. In essi si copiavano e traducevano gli antichi testi e non era difficile che, eliminando o aggiungendo una parola o una frase, si potesse falsarne il senso con tutte le conseguenze per la Storia, che spesso è stata manipolata.
Nel caso della < Donatione> l'idea era venuta ad un monaco, si è ritenuto francese o bizantino, il primo certamente in vena di creatività il quale aveva mostrato una gran generosità pensando alla grandezza del papato che da quella donazione riceveva ulteriore prestigio e potere.
Il secondo, se si trattava di un monaco bizantino, probabilmente più modestamente lo aveva fatto a edificazione della figura del papa Silvestro.

 

COSTANTINO II, COSTANTE E COSTANZO

Costantino aveva avuto da Minervina, un amore giovanile o concubina, un figlio di nome Crispo. Altri tre maschi li ebbe dalla moglie Fausta, che abbiamo visto essere figlia di Massimiano.
Crispo era stato insignito del titolo di Cesare e gli era stato dato il governo della prefettura della Gallia dove aveva avuto modo di mostrare il suo valore contro le scorrerie delle tribù germaniche.
Costantino, aveva nominato Cesare il figlio Costanzo, e lo aveva mandato nei territori di Crispo. Costui se ne adontò, non nascondendo il suo malcontento, presentato al padre, da cortigiani, come preparazione di una congiura. Costantino attese il momento in cui Crispo si era recato a Roma per i festeggiamenti del ventennale del regno e, durante i festeggiamenti, lo fece arrestare.Quindi Crispo fu condotto a Pola dove fu ucciso.
Il padre in ritardo si rese conto dell'innocenza del figlio e lo compianse dedicandogli una statua d'oro con la scritta <a mio figlio che ho ingiustamente condannato>. Anche la moglie Fausta sarà uccisa, fatta soffocare in un bagno surriscaldato, poiché si era scoperto che aveva una relazione con uno schiavo.
Alla morte di Costantino l'impero era stato diviso fra i tre rimanenti figli: Costantino (II), primogenito di ventuno anni con la prefettura delle Gallie. Costanzo (II), di venti anni, che era stato a fianco del padre nella prefettura d'Oriente, aveva mantenuto questa. Costante di diciassette anni, governava l'Italia, l'Illiria e l'Africa, con capitale Cartagine. Due nipoti, Dalmazio e Annibaliano governavano la Tracia e il Ponto, con l'incarico di Cesari.
Costanzo (II), pur avendo dato assicurazioni ai familiari che si faceva garante della loro sicurezza, iniziò a spargere sangue nella sua famiglia e tra i suoi parenti. Fece uccidere due zii, fratelli del padre, sette cugini fra i quali Dalmazio e Annibaliano, uno zio acquisito, Ottato, marito di una sorella di Costantino e il prefetto Ablavio.
Intanto Costantino II, lamentandosi del fatto che era stato defraudato nella divisione dei parenti assassinati, radunati dei soldati era venuto in Italia. Si trovava nei pressi d'Aquileia dove, raggiunto dai soldati del fratello Costante, fu ucciso in un'imboscata. (340).
Contro Costante fu ordito un colpo di stato da parte di Magnezio, e fu ucciso (350) a Helena (Elna) ai piedi dei Pirenei. Magnezio, sconfitto si uccise gettandosi sulla sua spada (353).
Costanzo rimase da solo a governare l'impero. Egli era ariano di religione e nei sinodi di Sirmio e Ravenna (359) fece riconoscere l'arianesimo religione di Stato. In quel periodo avvenne la conversione dei Goti al cristianesimo, da costoro conosciuto nella forma ariana. Da quel momento tutte le popolazioni germaniche, che si convertivano, rimanevano fedeli alla dottrina ariana.

Fine del capitolo primo

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