SOMMARIO: LUIGI
XIV IL RE SOLE; IL MATRIMONIO E LE PRIME AMANTI; LA MARCHESA DI
MAINTENON; LUIGI XV; L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO; IL MATRIMONIO
DEL RE; MADAME DE POMPADOUR; LE ALTRE AMANTI; LA MURPHY E CASANOVA;
ROMAN COUPIER E CASANOVA; LA CONTESSA DU BARRY.
LUIGI XIV IL RE SOLE
Era nato per
essere re. Superava in altezza i suoi cortigiani e aveva una corporatura
ben proporzionata. Da giovane si distingueva per la bellezza dei
suoi tratti, appesantiti durante la maturità. Ciò
che colpiva di più della sua persona era la voce, che aveva
un suono bello e melodioso. Il modo di muoversi era confacente
al suo rango. L'incedere era maestoso. Il duca di Richelieu (pronipote
del Cardinale), aveva scritto che quando lo aveva visto per la
prima volta: <rimasi come annichilito dalla maestà
della sua persona e dallo splendore del suo fasto. Mai nulla di
più maestoso aveva colpito il mio sguardo e di tutti gli
uomini che avevo visto, egli mi parve il più degno di comandare:
lo si sarebbe dovuto scegliere per metterlo a capo della nazione
francese se la sua nascita non lo avesse già chiamato al
trono. La sua aura di grandezza incuteva timore, e su tutti i
volti vedevo impresso il rispetto. Un suo sguardo era un ordine,
e chi era abituato ad osservare il monarca lo capiva a volo .Aveva
abituato coloro che gli stavano attorno a una sorta di adorazione;
sembrava naturale essere ai suoi piedi>.
Suscitava imbarazzo in chi si rivolgeva a lui. Un generale che
gli parlava non riusciva a esprimersi chiaramente e balbettava,
uscì dall'imbarazzo dicendogli "Sire non tremo così
davanti ai vostri nemici"
Era nato anche per gli amori, più di qualsiasi altro suo
suddito. I suoi primi amori per la baronessa di Beauvais, per
mademoiselle d'Argencourt furono passeggeri. Invece, per Maria
Mancini (aveva avuto anche la sorella, ambedue nipoti del cardinale
Mazzarino), si era presa una bella cotta tanto da volerla sposare.
Al cardinale la cosa non sarebbe dispiaciuta, ma vi era stato
l'intervento della regina madre Anna d'Austria (moglie di Luigi
XIII), che aveva fatto valere tutto l'orgoglio di una Asburgo
(figlia, moglie e madre di re) che gli aveva detto: <Se
il re fosse capace di una cosa così indegna, col mio secondogenito
mi metterei a capo di tutta la nazione contro il re e contro di
voi>. E la questione fu così definita...
IL MATRIMONIO E LE PRIME AMANTI
Raggiunti i
ventidue, Luigi XIV sposò (9.6.1660), con una fastosa cerimonia,
la cugina Maria Teresa d'Austria (anch'essa di ventidue anni),
figlia di Filippo IV di Spagna (del ramo spagnolo degli Asbugo),
fratello di Anna d'Austria, madre di Luigi. Il re, sfarzosamente
vestito, cavalcava a lato della carrozza (di foggia nuova, con
vetri) che trasportava la sposa.
I festeggiamenti continuarono anche dopo il matrimonio per tutto
il resto dell'anno. Il 26 Agosto in occasione della pace finalmente
raggiunta tra Francia e Spagna, auspice la regina madre, vi fu
a Parigi un memorabile corteo (durato dieci-dodici ore). La sfilata
iniziava con la rappresentanza della Casa del ministro Mazzarino,
con settantadue muli carichi di bagagli, dei quali i primi ventiquattro
erano bardati di semplici coperte, quelli che seguivano avevano
gualdrappe delle più belle tappezzerie, gli ultimi erano
ricoperti da velluto rosso ricamato d'oro e d'argento con i morsi
e i campanelli d'argento. Seguivano sempre in rappresentanza della
Casa del Cardinale Mazzarino ventiquattro paggi, gentiluomini
e ufficiali, dodici carrozze da sei (tirate cioè da sei
cavalli, tre a tre), le guardie, ventiquattro cavalli coperti
da splendide gualdrappe e condotti a mano (belli da non poter
staccare gli occhi!). La Casa del re era preceduta da paggi in
sella, seguiti dai moschettieri con le piume ai cappelli dello
stesso colore delle bandiere, dai cavalleggeri e nobili a cavallo
nei loro più sfarzosi abiti. La regina con i capelli chiari
incoronati di spighe d'argento, si intravedeva dai vetri della
carrozza. Dopo la sfilata alla regina furono consegnate, su un
cuscino ricamato, le chiavi della città.
I festeggiamenti continuarono ancora nell'anno successivo e aumentarono
in occasione del matrimonio del fratello del re (Filippo d'Orléans).
Cessarono solo per la morte del cardinale Mazzarino, ma ripresero
nell'anno seguente, con una crescente maggiore intensità
(v. in Specchio, Vita a Versailles).
Il rapporto tra il re e la sposa inizialmente era stato di buona
intesa e civettuolo. Il re le mandava dei versi, la regina gli
rispondeva. Poi arrivò per ambedue lo stesso confidente
(il marchese d'Angeau) e la vena poetica ebbe termine. Il re incaricò
d'Angeau di scrivere versi e portarli alla regina. Questa fece
altrettanto, ma uno all' insaputa dell'altro.
Nel frattempo il re fu preso da passione per madamigella Luise
de La Valliére al servizio della regina, e i divertimenti
galanti continuarono con questa, e tutte le feste che venivano
organizzate, recite teatrali, quadriglie, caroselli, erano tutte
in onore di La Valliére. Luise che era una donna innamorata,
sincera, che aveva dolcezza di spirito e bontà d'animo,
doveva però chiudere gli occhi sulle infedeltà del
re.
Questo rapporto iniziò a incrinarsi nel momento in cui
all'orizzonte (1669) appariva la marchesa di Montespan (Francoise-Athénais
de Rochechouart de Mortemart, 1640-1707), donna di rara bellezza.
Il re se ne invaghì e volle averla. tutta per sé.
Ma lei era una donna capricciosa che non accettava che una concorrente
condividesse i favori del re, che a sua volta voleva averle tutte
e due, e non si era mostrato disposto a lasciare l'altra. La marchesa
reagì chiedendo subito al marito di portarla via, nelle
sue terre della Guienna. Luigi non le permise la levata di testa
e la prese con sé, togliendola al marito, che però
non si era mostrato molto d'accordo su questa iniziativa. Mal
gliene incolse perché il re lo mandò a meditare
alla Bastiglia e poi gli fece grazia confinandolo nel suo feudo
in Guienna.
La Montespan riuscì in ogni caso ad avere il sopravvento
su Luise che pur di ricevere le visite del re, dopo avergli dato
tre figli (1), dovette accettare questo nuovo rapporto. Alla fine
si ritirò in un convento di carmelitane (1674) prendendo
i voti e assumendo il nome di suor Luisa della Misericordia.
Mentre La Valliére durante tutto il periodo del rapporto
con il re aveva condotto una vita riservata, la Montespan, ostentando
la sua posizione di favorita (2) e conducendo una vita sfarzosa,
divenne l'unica arbitra non solo del re ma della Corte. Tutti
gli onori e gli omaggi, a parte quelli ufficiali per la regina,
erano rivolti a lei.
Non potette a sua volta evitare di condividere il re con un'altra
amante. Si trattava di una delle sue sorelle. Molto più
giovane ma anche più bella e con più spirito di
lei, uscita dal chiostro di Fontevrault di cui era badessa. A
questa si aggiunse un'altra sorella, madamigella di Thianges,
definita < il più raffinato elisir di tutte le dame
di corte>.
La Corte era diventata il centro dei piaceri e del divertimento.
Al centro di questi c'erano le tre sorelle.
Fu uno scandalo che riecheggiò in tutta Europa. Lo scandalo,
però, non era stato determinato dal fatto che il re aveva
preso una amante, ma perché ne aveva due (la badessa non
compariva con le sorelle)! Il re le portava nella carrozza della
regina, dappertutto. Alle frontiere, ai campi militari, talvolta
alle campagne militari, con lo spettacolo offerto al popolo di
vedere non una ma due regine, mentre quella vera rimaneva a palazzo.
Madame de Montespan oltre ad essere capricciosa, era cattiva e
altezzosa, non solo con i cortigiani ma con lo stesso re. Era
anche estremamente spiritosa e piena di acutezza e finezza, per
cui per divertire il re non risparmiava nessuno, e ciò
era pericoloso per chi era messo in ridicolo. I cortigiani evitavano
persino di passare davanti alle finestre del suo appartamento,
tanto che circolava la battuta che così <si evitava
di passare per le armi>.
Madame de Montespan aveva accentrato attorno a sé non solo
la corte ma tutto ciò che coinvolgeva la corte, sia in
funzione dei piaceri sia in funzione degli affari di Stato. Ministri
e generali passavano da lei ancor prima di essere ricevuti dal
re. La regina la detestava, non sopportava la sua alterigia e
rimpiangeva la duchessa di La Valliére, lamentando che:
<quella puttana mi farà morire>! E non aveva
tutti i torti perché parti e gravidanze divennero di dominio
pubblico. Videro la luce tre maschi, due femmine, e altri due
figli morti giovanissimi, tutti attribuiti alla Montespan (anche
se poteva esservi stato qualche scambio di maternità con
una delle sorelle).
Essi in tempi successivi furono tutti legittimati (3).
Madame de Fontevrault era la più bella delle tre sorelle.
L'abito monastico certamente le dava un fascino che a nessuna
di tutte le altre dame di Corte era dato di avere, e fu anche
la più brillante nella intimità col re. Eccelleva
su tutte le altre dame di Corte per la sua rara e vasta cultura,
perché conosceva bene la teologia e i padri della Chiesa,
perché era versata nelle sacre Scritture, perché
conosceva il latino e greco. Infine brillava in conversazione
su qualsiasi argomento e altrettanto brillava quando scriveva.
Divideva la sua vita tra la Corte e il convento che aveva il dono
di saper ben dirigere con tale equilibrio, da farsi adorare da
tutte le religiose che manteneva legate alla regola. Nonostante
fosse stata forzata a farsi monaca, la sua regola di condotta
nell'abbazia era ineccepibile. Quando si recava a Corte non usciva
mai dagli appartamenti delle sorelle, e in pubblico si presentava
sempre in abiti religiosi. La cosa appariva piuttosto singolare,
per i favori che concedeva al re, ma questo non intaccò
minimamente la sua irreprensibile reputazione.
Mademoiselle de Thianges dominava le due sorelle e il re, che
riusciva a divertire di più delle altre. Finché
visse, lo ebbe in suo potere e anche dopo la espulsione della
Montespan conservò tutti i suoi privilegi e distinzioni.
Giunse poi a Corte madamigella di Fontanges, che divenne l'amante
ufficiale del re, ricambiando alla Montespan ciò che questa
aveva fatto a La Valliére. Non ebbe la stessa fortuna.
Non aveva infatti tanto spirito da divertire il re, che non fece
a tempo ad annoiarsi completamente in quanto la morte improvvisa,
da cui fu colta lei col figlio (1681), eliminò il problema.
Arrivarono altri amori che erano solo dei capricci, il più
resistente di questi fu quello per Madame de Soubise che durò
fino alla morte di costei. Il marito, tacciato di essere, con
un termine usato in Spagna, <cornuto volontario>, sopportò
volentieri questo amore, ignorando scrupolosamente ogni cosa,
ma raccogliendone i frutti e dividendo con la moglie tutti i vantaggi
che essa ne ricavava, costruendo una rapida e prodigiosa fortuna.
Egli, rintanato in una piccola casa in Place Royale, evitava di
recarsi a Corte. Abbandonò questo appartamento quando fu
acquistato il palazzo dei Guisa, che fu ingrandito e reso più
sontuoso, a tal punto che gli antichi proprietari non lo avrebbero
riconosciuto. I due coniugi si arricchirono tanto che la vita
sfarzosa, che questa ricchezza permetteva, durava ancora alla
terza generazione.
L'amore per madamigella Ludre, damigella d'onore della regina,
incontrata tra le sale di Versailles, durò un batter d'
ali. E vi fu anche una damigella, questa volta della Montespan,
che ebbe una figlia non riconosciuta e fu fatta sposare a un gentiluomo
di nome La Queue.
Queste damigelle d'onore erano giovanissime, oggi diremmo fanciulle,
e incorrevano spesso in incidenti con i nobili che frequentavano
la Corte. Questi incidenti fecero giungere alla decisione di sostituirle
con donne più mature.
Al monastero di Moret vi era una religiosa che era orgogliosa
(forse anche un po' troppo) di essere figlia del re, e la superiora
con le altre suore se ne lamentava. Sta di fatto che, nel momento
in cui fu messa nel monastero, le era stata assegnata una dote
di ventimila scudi, e non si sapeva chi avesse elargito una tal
somma. A parte la carnagione scura, era il ritratto di Luigi XIV.
La Montespan si recò un giorno a visitarla e, volendo indurla
a maggior modestia, cercò di convincerla che la sua idea
era errata. La monaca, con presenza di spirito, le rispose: <Signora,
se si è presa la briga di venire fin qui a dirmi che non
sono la figlia del re, mi convince invece che lo sono>.
L'amore della Montespan rimaneva dominante, ma il suo innamorato
incominciava ad essere stanco di lei e dei suoi capricci. Si stava
verificando un avvenimento che nel tempo avrebbe creato grande
stupore e incredulità.
Quando la Montespan era alla prima maternità si era deciso
che questa sarebbe stata tenuta segreta. C'era bisogno di una
persona di fiducia che si occupasse della faccenda; questa persona,
che la Montespan apprezzava per lo spirito, le grazie e i riguardi,
era madame Scarron (poi Maintenon), che una serie di fortunate
combinazioni eleverà al fianco del re.
1) Luigi di Borbone nato nel 1663 e morto a tre anni (1666);
Marie Anne de Blois (1666-1739), che sposerà il principe
Louis-Armand de Conti e Luigi di Borbone conte di Vermendois nato
nel 1667 e morto a sedici anni (1683).
2) Era stata accreditata l'idea che la favorita serviva per il
prestigio e lo sfarzo del re.
3) Louis-Auguste, duca del Maine (1670-1736), che sposa Luisa
Benedetta d' Orléans (nipote del gran Condé);
Louis-César, conte di Vexin, abate a s. Denis e s. Germanine
des Pres (1670-1736);
Louis-Alexandre di Borbone, conte di Tolosa (1678-1737);
Louise-Francoise di Borbone, (m.lle de Nantes) (1673-1743), che
sposa Luigi III di Borbone, duca di Condé;
Louise-Marie di Borbone (m.lle de Blois) (1677-1749), che sposa
Filippo II duca di Chartres, poi duca d'Orleans, figlio del Reggente,
che era fratello del re.
Altri due morirono giovanissimi, una di questi era m.lle de Fontanges.
Da notare l'intreccio di matrimoni tra figli naturali, che in
ogni caso erano portatori di sangue reale e che, oltre ad essere
riconosciuti, avevano una ulteriore conferma di legittimazione
con i matrimoni nell'ambito del parentado, tra i principi del
sangue.
LA MARCHESA DI MAINTENON
Francoise d'Aubigné,
poi marchesa di Maintenon (1635-1719), pur appartenendo a famiglia
nobile, aveva avuto una infanzia povera, anzi poverissima. Aveva
vissuto in prima persona il dramma delle lotte di religione tra
cattolici e ugonotti. Il nonno Agrippa d'Aubigné, strano
personaggio di intellettuale estroverso, autore di scritti politici,
storici, satirici in prosa e versi e ugonotto di ferro, dovette
espatriare a Ginevra dove morì esule.
Il padre Costante era anch'egli uomo di cultura, fine politico,
elegante, sapeva suonare alla perfezione la viola e, nei pochi
momenti di libertà frequentava la Corte di Luigi XIII.
Per il resto era sempre in carcere per debiti. Il carcere era
diventato l'abituale dimora sua e della famiglia, sorta da una
situazione insolita.
Era in servizio nel castello de La Trompette presso Bordeaux,
dov'era la prigione di Costante, il luogotenente del duca d'Epernon,
Pietro di Cardilhac. La figlia di questo andava a trovare il prigioniero,
che aveva una piacevole conversazione. A un certo punto Giovanna,
diciassettenne (Costante aveva quarantadue anni), si trova incinta.
Il governatore era cattolico, Giovanna cattolica e di famiglia
cattolica, e Costante ugonotto che equivaleva ad essere considerato
peggio di un appestato. Cardilhac, nonostante Costante gli fosse
inviso, impose il matrimonio.
Francoise vedrà la luce in una squallida camera di un altro
carcere, quello del palazzo di Niort (Vandea). Passerà
i suoi primi anni giocando con la figlia del guardiano, poi i
genitori andranno in Martinica, portandola con sé, ma il
padre presto morirà e la madre la riporterà in Francia
all'età di dodici anni.
Francoise aveva respirato in famiglia aria protestante, imparando
a leggere e scrivere sulla Bibbia protestante sotto la guida del
padre. Questa educazione le creerà dei problemi con la
madre cattolica, che la portava con sé a messa. Francoise
per protesta durante la messa rivolgeva le spalle all'altare,
prendendo dei sonori ceffoni. Mandata poi in un convento, aveva
dovuto subire tutte le angherie e le brutalità delle monache
che volevano convertirla al cattolicesimo. Si era alla fine convertita.
La sua conversione però era avvenuta non con la costrizione,
ma con la persuasione.
Per convertirsi aveva voluto il confronto (strana richiesta per
una ragazzina di non ancora quindici anni!) di due personalità,
un cattolico e un ugonotto, che avevano discusso delle rispettive
dottrine per ben tre giorni consecutivi. Lei aveva trovato fiacco
l'ugonotto, che aveva seguito con la Bibbia in mano, rilevando
la non esatta corrispondenza dei versetti citati con quelli scritti.
Alla fine, alquanto indecisa aveva scelto il cattolico. Anche
se convertita, Francoise rimarrà per sempre con le solide
basi, ricevute durante la fanciullezza, di ugonotta puritana che
detesta le debolezze, i vizi, pronta ad accettare le punizioni,
ad affrontare con grande spirito di sacrificio tutte le avversità,
che la renderanno di una dirittura morale ineccepibile, con venature
integraliste.
A questo substrato si aggiungeranno i timori, le paure, gli scrupoli
di coscienza, l'idea del peccato, la vita interiore ed esteriore
che doveva essere religiosamente regolata della morale cattolica.
Tutto ciò, in ogni caso, non le farà sorgere alcuno
scrupolo nel momento in cui tradirà la fiducia e l'amicizia
di chi l'aveva beneficata.
Queste idee Francoise le aveva facilmente assorbite dal direttore
spirituale e confessore, col quale a quei tempi si instauravano
rapporti che finivano per diventare di dipendenza. Il risultato
spesso era che l'uno diventava il padrone dell'anima dell'altro
che, come vittima ne subiva i condizionamenti sotto la minaccia
dei castighi divini! Ed ecco creata una bigotta che quando sarà
a contatto col re, testardamente (e sottilmente) perseguirà
l'idea di convertire il re a una vita cristiana e <condizionerà>
quello spirito libero del re, che per suo merito perderà
la gaiezza dei tempi in cui tra una comunione e l'altra si sentiva
perdonato di tutti peccati che si concedeva quotidianamente. Come
scrive Voltaire <la devozione che ella aveva ispirato al re
e che l'aveva fatta sposare, divenne a poco a poco un sentimento
vero e profondo che l'età e la noia rafforzarono>.
Francoise era una donna di spirito, raffinata letterata, aveva
una conversazione dolce e insinuante a tal punto da lasciare il
segno, nel senso che alla fine, con molta discrezione, riusciva
a trasmettere all'interlocutore le proprie idee.
All'età di quindici anni, era stata affidata a una zia,
madame de Neuillant, ricca ma tanto avara che all'infuori dell'asilo
che le concedeva nella sua casa a Parigi (...ed era già
tanto!, non le concedeva altro! Un giorno viene portata a casa
del poeta Paolo Scarron dal quale si riuniva la buona società
parigina.
Questo Scarron era una specie di poeta maledetto. La natura gli
si era accanita contro perché oltre che essere paralizzato
era deforme con una testa grossa che gli pendeva da un lato e
due occhi bovini, ma aveva intelligenza e spirito vivace e beffardo,
componeva versi sarcastici con cui si burlava del prossimo e in
ogni caso riusciva ad affascinare l'uditorio. Quelli che lo frequentavano,
con lui si divertivano immensamente. In quella casa non mancavano
i profumi di cucina e vi era abbondanza di cibo e di vino che
erano il prezzo pagato dai frequentatori.
Anche Francoise era diventata abituée della casa di Scarron
e a un certo punto, trovando molto precaria l'ospitalità
della zia, aveva dovuto decidere tra finire in convento o sposare
Scarron. Scelse la libertà e la sicurezza che le dava il
matrimonio con Scarron. Lei aveva diciassette anni lui di quarantadue.
Il matrimonio durerà otto anni e Francoise rimarrà
vedova a venticinque (1660).
Essere stata moglie di Scarron le era servito ad affinare la sua
cultura, ad essere conosciuta e apprezzata tra famiglie aristocratiche
e ad aver stretto amicizie con famiglie come quella dei d'Albret
(di nobiltà feudale) e del duca di Richelieu (amicizie,
che, come dice Saint Simon, non erano su un piede di parità),
che comunque le davano da vivere in cambio di quei piccoli lavori
che si facevano <quando i campanelli non erano stati ancora
introdotti>.
Presso i d'Allbret, Francoise aveva conosciuto la Montespan che
per lei aveva un debole particolare e nel momento in cui rimarrà
incinta e avrà bisogno di una persona di fiducia, ricorrerà
a lei.
Infatti, quando era sorto per la Montespan il problema della prima
maternità che doveva rimanere segreta, per partorire la
marchesa aveva preso un appartamento e aveva chiamato madame Scarron
la quale si fece prendere da scrupoli di coscienza, in quanto
riteneva commettere un peccato se si fosse trattato dei figli
della Montespan, favorita del re! Si sarebbe sentita invece con
la coscienza tranquilla (in ciò aiutata dal suo confessore
gesuita Gobelin), se si fosse trattato dei figli del re (sic!)
e se la richiesta fosse stata fatta dal re di persona (come se
la madre Montespan non fosse esistita! misteri di una morale
contorta!). Il re le fece la richiesta desiderata e la Maintenon,
messasi la coscienza tranquilla, accettò l'affidamento
sia del primo figlio, che di tutti quelli arrivati successivamente.
Costoro che inizialmente erano stati partoriti in gran segreto,
poco alla volta furono portati a Corte e mostrati al re, quindi
da questo amati, riconosciuti e poi anche legittimati.
In quel periodo era stata messa in vendita la proprietà
dei terreni di Maintenon che si trovava nei pressi di Versaillles.
Madame Scarron, era interessata all'acquisto in quanto era nelle
sue aspirazioni avere una proprietà tutta per sé
e aveva convinto la Montespan che lì avrebbe potuto allevare
i suoi figli. La Montespan a sua volta si rivolse al re il quale,
per poco che l'aveva vista, l'aveva presa in antipatia e si era
mostrato contrario all'acquisto, anzi aveva suggerito alla Montespan
di licenziare e togliersi di mezzo quella Scarron che gli era
insopportabile.
L'ebbe vinta la Montespan e la proprietà di Maintenon fu
acquistata. Non solo, ma poco dopo si provvide, a spese del re
a restaurare il castello che si trovava in stato di abbandono.
Il primo figlio della Montespan (il futuro duca del Maine) zoppicava
fortemente, si diceva per una caduta, forse era lussazione del
femore (Voltaire parla di deformità di un piede fin dalla
nascita). Poiché tutte le cure si erano mostrate inutili,
il protomedico di corte aveva suggerito di mandarlo alle acque
(!). La Scarron, diventata madame de Maintenon, aveva accompagnato
il bambino e scriveva alla Montespan per tenerla informata. Queste
lettere erano mostrate al re che le trovava ben scritte e anche
gustose.
Poco alla volta il re incominciò a perdere tutta la sua
ripugnanza nei confronti della Maintenon. Non solo. Il re si stava
stancando della Montespan che diventava sempre più insopportabile
con i suoi capricci e la Maintenon la riprendeva e la rimproverava
e cercava di rabbonirla. La Montespan riferiva al re il quale
mettendo da parte la sua antipatia aveva iniziato a rivolgere
alla Maintenon qualche parola, poi a farle le prime confidenze,
poi a suggerirle le cose da riferire, poi a confidarle i suoi
malumori, infine a consultarla per avere consigli.
Alla fine la Maintenon si rese così indispensabile che
sostituì la Montespan che troppo tardi si accorse di quanto
l'altra fosse diventata indispensabile. La fortuna (per non chiamare
in causa la Provvidenza, dice ancora Saint Simon), che stava preparando
al più superbo dei re l'umiliazione più profonda,
più pubblica, più durevole, più inaudita,
aumentò sempre più per quella donna abile ed esperta,
che le gelosie della Montespan rendevano sempre più calda,
con le frequenti frecciate che la Montespan indirizzava al re
e alla Maintenon. A sua volta la Maintenon rivolgeva al re le
sue lamentele per quello che doveva sopportare dalla Montespan.
Alla fine la Maintenon la spuntò soppiantando la Montespan
atteso che tra l'altro era più giovane e più bella.
Essa riuscirà a rimanere a Corte fino al 1691, ritirandosi
poi in convento dove morirà nel 1707.
Sempre la fortuna, o la Provvidenza, aveva dato ancora una mano.
Giunse infatti la grande sventura, per il re e per lo stesso Stato,
della morte della regina (1684), nel momento in cui quell'affetto
era diventato più acuto, incrementato dai malumori creati
dalla Montespan e diventati insopportabili.
Sta di fatto che qualche tempo dopo (1686) la morte della regina,
di notte, in una piccola cappella annessa all'appartamento del
duca di Borgogna, il re (che aveva quarantotto anni) e la Maintenon
(che ne aveva cinquantadue) furono legati in matrimonio segreto.
Erano presenti padre La Chaise che aveva celebrato la messa, l'arcivescovo
di Parigi Harlay, il governatore di Versailles e primo valletto
di turno Bontemps che aveva servito la messa, Louvois e Montescevreuil,
i quali ebbero dal re la sua parola che non avrebbe mai dichiarato
quel matrimonio.
Alla Maintenon fu assegnato l'appartamento in cima allo scalone
principale, di fronte a quello del re. Da quel momento il re,
finché restò in vita, si recò da lei tutti
i giorni, sia a Versailles che in qualsiasi altro luogo dov'era
alloggiata, e vi passava il pomeriggio, prima e dopo cena fino
a mezzanotte. Egli si metteva da una parte della sala a lavorare
con i suoi ministri, mentre lei dall'altra parte leggeva o ricamava
senza intromettersi. Ma tutta la vita della Corte, con ministri,
generali e la famiglia reale al completo, si svolgeva intorno
a lei.
Per ben trentadue anni, incredibilmente governò stando
nell'ombra, su tutta la vita del paese. Cariche, giustizia, favori,
religione, tutto passava per le sue mani, pur non intromettendosi
e non avendo mai approfittato di nulla, fino alla morte del re
(1715) al quale sopravviverà per quattro anni, dopo essersi
ritirata a Saint Cyr, nel monastero che lei aveva fondato.
L'influenza che la Maintenon aveva avuto sul re era stata in un
certo senso deleteria. Il re era diventato bigotto. Ma era stata
solo la principale responsabile. A darle man forte c'erano i religiosi
gesuiti, dai quali il re era circondato che completavano l'opera
della Maintenon. Certo è che dal giorno in cui la sua devozione
era stata portata agli eccessi, il re aveva perso l'energia e
la fermezza di cui molte volte aveva dato prova, preoccupandosi
di inezie di cui negli anni del suo fulgore non si sarebbe mai
occupato, come quella di inviare l'ordine di vivere in buona armonia
con la propria moglie, a chi ostentava una condotta sregolata.
Quegli ultimi anni di regno di un re che effettivamente aveva
brillato come un sole, anche per la Francia furono nefasti, tanto
che la notizia della sua morte a Parigi fu accolta con tal piacere,
che quel popolo che lo aveva idolatrato si abbandonò ad
una vera e propria esplosione di gioia che sembrava fosse stato
liberato da un terribile flagello.
Uno degli atti più illiberali, ingiusti e intolleranti
compiuti in questo periodo fu la revoca dell'editto di Nantes
(1685) seguita dalle persecuzioni dei protestanti, che in cinquecentomila,
tra i più industriosi, espatriarono con un grave danno
economico e finanziario per la Francia. Se è vero che in
questa revoca non vi era stata l'opera diretta della Maintenon,
almeno indirettamente lei vi aveva contribuito, avendo il re maturato
l'idea che la religione cattolica dovesse essere uniformemente
osservata indistintamente da tutti i sudditi del regno.