Era esuberante
non solo dal punto di vista sessuale, caratteristica che, contrariamente
a quanto si verifica per i comuni mortali, gli si svilupperà
ulteriormente con l'avanzare degli anni, ma era un fanatico della
caccia, e fin da giovanetto era sempre a cavallo e si sfogava
con cacce forsennate.
Questa attività mentre gli irrobustiva il fisico preoccupava
la Corte perché all'epoca si riteneva che un adolescente
potesse morire di fatica. Luigi era anche di buon appetito, ma
soffriva di indigestioni che destavano non poche preoccupazioni
(determinate dalla morte immatura di tutti i precedenti delfini,
tanto che nell'ordine di successione si era arrivati a lui nipote
di terza generazione di Luigi XIV). Aveva un fisico resistente
che reagiva bene tutte le volte che era dato per spacciato.
Luigi era un bell'uomo, alto, con la testa ben piantata. Non c'è
stato pittore (scrive Casanova) così abile, da rappresentare
efficacemente il movimento che faceva con il capo quando si voltava
a guardare qualcuno. <Ci si sentiva portati ad amarlo lì
per lì, e allora mi parve davvero di scorgere quella maestà
che invano avevo cercato sul volto del re di Sardegna. Madame
de Pompadour non poteva non essersi innamorata a prima vista di
quel viso>.
Il dovere del matrimonio gli era stato inculcato anzitempo,
fin da bambino, all'età di undici anni, da quando Filippo
V di Spagna (nipote di Luigi XIV) aveva maturato la strana idea
di un duplice matrimonio, il primo, tra la sua unica figlia Infanta
di tre anni e Luigi; il secondo, tra il suo primogenito, principe
delle Asturie con la figlia del Reggente (Filippo d' Orleans,
figlio del fratello di Luigi XIV).
Questo duplice matrimonio era stato considerato dal duca d'Orleans
vantaggiosissimo e, per la sua famiglia, evidentemente prestigioso.
Il legame avrebbe suggellato i rapporti tra Madrid e Parigi, scongiurando
definitivamente ogni rivendicazione sul trono di Francia che poteva
venire dai Borboni di Spagna.
L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO
Quando gli fu
annunciato il matrimonio, il re bambino non ne voleva sapere e
scoppiò in lacrime. Ma riuscirono convincerlo e a fargli
pronunciare la promessa davanti al Consiglio. La bambina, piccola
e vivace, fu mandata a Parigi dove fu accolta con tutti gli onori,
con feste, comizi, esultanza di popolo e messa solenne in Notre
Dame. Luigi la accolse al Louvre e le regalò una bambola.
Egli però si mostrava sempre imbronciato e taciturno e
non le rivolgeva parola, non mostrando alcun segno di interesse.
Dovettero convincere la bambina che il mutismo del re era prova
dell'affetto che provava per lei.
Il Reggente non aveva spinto ulteriormente il giovane re verso
il matrimonio, in quanto, se questi fosse morto, nell'ordine di
successione era lui che avrebbe preso la corona, ma aveva calcolato
male i tempi perché nel frattempo moriva e veniva sostituito
da Luigi di Condé duca di Borbone, detto Monsieur le Duc,
il quale vedeva le cose diversamente da lui (tra l'altro le rispettive
casate dei Condé e degli Orleans si odiavano). Costui non
era troppo d'accordo sul matrimonio e riteneva che l'Infanta dovesse
essere rimandata in Spagna.
Luigi XV una mattina del 1724 (a quattordici anni) aveva confidato
ai valletti che la notte aveva avuto un male piacevole mai provato
prima. Da quel momento ci si rese conto che il giovane era pronto
per il matrimonio, ma non lo era ancora la bambina.
Luigi nel 1725 aveva avuto una delle sue indigestioni e Monsieur
le Duc, che voleva sì far sposare Luigi, ma non con l'Infanta
in quanto si sarebbe dovuto attendere la sua maturità sessuale,
accelerò i tempi per rimandare la bambina in Spagna. Le
si fece credere che i genitori volessero rivederla e che presto
sarebbe rientrata a Versailles dove si era stabilita la corte.
La corte spagnola si mostrò offesa e minacciò la
guerra, ma col tempo le cose si acquietarono.
Per Luigi era stata approntata una lista di ben novantanove principesse
idonee al matrimonio, di queste, venticinque erano cattoliche,
tre anglicane, tredici calviniste, cinquantadue luterane e tre
ortodosse.
Da una prima cernita vennero eliminate le anglicane, le calviniste,
le luterane, le ortodosse, le brutte e quelle di più modesta
posizione sociale che annullava i vantaggi della nascita; in tutto
ottantadue. Per le rimanenti diciassette si riunì il Consiglio
della Corona e ne discusse in presenza del re quindicenne. Tra
le diciassette vi erano le due sorelle di Monsieur le Duc che
furono scartate, perché il re non poteva sposare una suddita
e inoltre sarebbe stato conferito un rango troppo elevato a principi
del sangue. Delle altre, la principessa Elisabetta, figlia maggiore
del duca di Lorena, fu scartata per lo stesso motivo, perché
la madre era una Orleans.
La figlia del re del Portogallo, Marie-Barbe Josephe, era di salute
cagionevole e la famiglia era ritenuta alquanto stravagante. Inoltre
la Spagna ne avrebbe ricevuto offesa. La figlia dello zar di Russia,
Elisabetta, fu scartata perché la madre era di bassi natali.
La figlia del principe di Galles, erede al trono d'Inghilterra
e ben disposta perché aveva visto un ritratto di Luigi
e le era piaciuto, sarebbe stata un ottimo partito, ma era luterana.
Era anche poco probabile che si sarebbe convertita, perché
la sua famiglia, discendente degli Hannover, aveva fatto rovesciare
i cattolici Stuart.
Anche le principesse di Danimarca e Prussia erano state eliminate
per divergenze religiose. Rimaneva la figlia dello sfortunato
re polacco Stanislao Leczynski, (il cui regno era durato solo
cinque anni) che non si trovava in buone condizioni economiche.
Si ritenne però che Maria, di aspetto modesto e carattere
riservato, sarebbe stata un'ottima moglie. L'annuncio del matrimonio
suscitò uno scontento generale, perché il re avrebbe
sposato una donna di rango inferiore. Si disse che Maria non faceva
parte delle famiglie della grande nobiltà polacca, ma la
sua era solo una famiglia di semplici gentiluomini. Era stata
messa anche in giro la voce che aveva i piedi palmati e fosse
epilettica. Fu fatta visitare e risultò sana. Il re comunque
nel vedere il ritratto di Maria ne era rimasto entusiasta.
Chi l'aveva avvicinata ne decantava la bontà e la dolcezza
del carattere. L'unico elemento negativo era costituito dalla
differenza di età: Maria aveva ventidue anni, il re ne
aveva quindici, la qual cosa però non fu di ostacolo alla
celebrazione del matrimonio. Prima fu fatto quello per procura
a Strasburgo. Nel frattempo Maria con il corteo che l'accompagnava
dalla Polonia raggiunse Froidefontaine, dove l'attendeva Luigi
che l'accolse con calore, baciandola sulle gote. Il matrimonio
fu celebrato nel castello di Fontainebleu.
IL MATRIMONIO DEL RE
La sposa indossava
il manto reale con i gigli di Francia e una corona di diamanti.
Alla sera il re cercò di abbreviare il cerimoniale, desideroso
di ritirarsi con la sposa. La mattina seguente si era compiaciuto
nel far sapere di aver dato alla sposa sette prove d'amore. Erano
le prime di una lunga serie che in dieci anni avrebbero dato altrettante
maternità che Maria aveva accettato con rassegnazione,
ma lamentandosi dicendo: <diamine! sempre far l'amore, sempre
incinta, sempre partorire!>.
La regina oltre a non avere gli appetiti sessuali del marito,
non pensava a curare né il corpo né il modo di vestire,
che era sciatto e con la cuffia che portava in ogni occasione
aveva l'aspetto di una vecchia. Luigi al settimo anno di matrimonio
incominciò ad avvertire il bisogno di una divagazione.
L'occasione gli era stata data dalla stessa regina una notte in
cui il re si era presentato ubriaco, reclamando il dovere coniugale,
e la regina disgustata lo aveva respinto.
A un re non poteva mancare la fortuna in amore. Da una, di divagazioni
se ne presentarono cinque! Si trattava di cinque sorelle che il
re ebbe a turno. Si diceva però che almeno due le aveva
avute contemporaneamente. Ne avrebbe potuto avere di più
belle. Non aveva che da scegliere tra le giovani e giovanissime
che frequentavano la Corte, sposate e non, tutte ai suoi piedi,
pronte a concedersi.
Luigi, timido com'era, scelse la tranquillità e la sicurezza
che gli davano le cinque sorelle. Egli dava così uno scacco
al bisnonno re Sole, che nella sua super attività sessuale
di sorelle ne aveva avute solo tre. Le cinque sorelle erano figlie
del marchese de Nesles e in bellezza lasciavano a desiderare.
La prima fu Louise-Joulie de Nesle, moglie del conte de Mailly,
coetanea del re. Era come una vickinga: alta, con grande bocca
e voce possente, occhi vivaci e di carattere divertente. Con il
bicchiere in mano non aveva più paura di nulla. La seconda
era Pauline-Félicité, nubile, che rimase subito
incinta. Le fu trovato in tutta fretta un marito e fu fatta sposare
al marchese de Ventemille, il quale, non avendo potuto dire di
no, appena espletate le formalità del matrimonio, tolse
l'incomodo e se ne andò a vivere nelle sue terre. Pauline
era la più brutta delle sorelle, ma per lei Luigi ebbe
una vera e propria passione. Riusciva infatti a far uscire il
re dall'apatia e lo stimolava nell'ambizione e a fare grandi cose
per il regno. In due anni gli scrisse duemila lettere. Seppe ben
sfruttare la sua posizione, facendosi regalare il castello di
Choisy le Roi, arredato sontuosamente. L'idillio non durò
molto, perché Pauline morì tre giorni dopo aver
partorito un figlio, al quale fu dato il titolo di duca di Luc.
La terza, Marie Anne, era la più bella, anch'essa alta,
aveva un'andatura regale e l'incarnato, di un bel colorito, sprigionava
sensualità. Era vedova del marchese di La Tournelle.
Prima di concedersi al re, gli aveva imposto di mandar via l'altra
sorella, Luise Joulie. Poiché il re non si decideva, gli
mise a disposizione la quarta sorella Diane de Lauraguais, che
gioviale, divertente, spensierata e cinica, riusciva a distrarlo
dagli affanni della guerra. Le richieste della marchesa di La
Tournelle non si limitarono a far mandare via la sorella: richiese
per sé un ducato. Fu accontentata, diventando duchessa
di Chateauroux. Il feudo le venne ufficialmente assegnato per
<il legame personale e i servizi resi alla regina>. La sorella
Mailly, quando dovette abbandonare il campo, avuta la sua liquidazione
(600mila livres e una pensione), se ne andò a vivere in
un appartamento di Parigi e con l'assistenza di un confessore
si dedicò a una vita devota. La quinta delle sorelle era
Madame de Flavancourt.
Tutta Parigi, che normalmente non si scandalizzava più
di nulla, considerò la faccenda delle sorelle come un incesto.
Circolavano versi malevoli su tutte e cinque le sorelle. Quando
il re partì per le Fiandre (1744) dove combattevano le
truppe francesi, ne portò con sé due; i soldati
non nascosero il loro malcontento.
Successivamente il re, trovandosi a Metz, fu colpito da un grave
malessere (8 agosto) tanto che i medici, dandolo per spacciato,
lo lasciarono dicendo di non poter far nulla. I preti che avevano
sostituito i medici attribuivano la malattia all'ira divina per
la vita immorale e peccaminosa del re. Al capezzale, il vescovo
lo ricattò dicendogli che non poteva dargli i sacramenti
e salvargli l'anima, se non fossero state mandate via le due sorelle.
Le due sorelle se ne andarono e durante il percorso verso Parigi
la folla le voleva linciare perché ritenevano loro, <putaines
du roi>, la causa della morte del re. Un vecchio medico di
provincia, ritiratosi dalla professione, si presentò chiedendo
di vedere il re. Dopo averlo visitato tra i sorrisi ironici dei
cortigiani, disse di poterlo guarire. In mancanza d'altro fu lasciato
fare. Il medico somministrò la sua pozione di emetico:
dopo poche ore la febbre scomparve, i sintomi regredirono e quattro
giorni dopo il re era bell'e guarito.
Rientrato il re, la Chateauroux si ammala all'improvviso presentando
gli stessi sintomi della malattia del re. Dopo poco muore (1744).
Vi sarà chi attribuirà la morte ai peccati, chi
al veleno (le morti improvvise suscitavano sempre sospetti di
avvelenamento).
Il re era triste, ma il destino benevolo gli aveva già
preparato un bocciolo che stava maturando per lui. Era bella come
il sole, era nata per fare la regina, in famiglia la chiamavano
Reinette, una indovina le aveva predetto che sarebbe diventata
quasi regina. Se proprio non divenne regina, si innalzò
al livello di una regina.
MADAME
DE POMPADOUR
La più
famosa non solo ai suoi tempi, ma anche nei secoli a venire. Il
nome Pompadour non porta in sé i segni dello scandalo,
per essere stata una amante-favorita (che non aveva senso
in quel tempo in cui simili comportamenti erano del tutto legittimi,
e ancor meno meraviglia oggigiorno). Con la sua personalità
aveva dato lo stampo al suo secolo. Primeggia ancora col suo nome,
suscitando ammirazione per il fascino che sprigionava, per la
bellezza e ancor più, per l'intelligenza e lo spirito.
Anche se non riuscì a diventare regina, per un misto di
combinazioni e coincidenze fortunate, seguendo e assecondando
il naturale talento che il destino le aveva donato, divenne <reine
à gauche> (alla sinistra del re, mentre alla destra
era la regina legittima), la regina di fatto, avendo sostituito
la regina che ne portava il titolo, sia nell'alcova che negli
affari di stato (nazionali e internazionali, intrighi compresi)
che passavano tutti per le sue mani.
Aveva così ottenuto il titolo di <maitresse en titre>
(amante in carica). Tutte le figlie del re la chiamavano <notre
maman putain>. Questo termine a quei tempi non era ritenuto
neanche tanto offensivo. Ce lo dimostra l'aneddoto della duchessa
di Chateauroux, che, quando non era più l'amante del re,
recandosi in chiesa, nel chiedere permesso per passare, si era
sentita dire da un fedele che l'aveva riconosciuta <passate
pure signora puttana> e la duchessa, di rimando e con presenza
di spirito rispose: <dal momento che mi avete riconosciuta,
pregate per me>. L'unica cosa che non veniva accettata dalla
nobiltà, e ciò per spirito di casta, era che il
re dovesse avere per amante una borghese. La Corte era piena di
nobili dame e damigelle pronte a concedersi, per renderlo felice.
Esse però non suscitavano gli interessi del sovrano che,
salvo alcune rare eccezioni, preferiva approvvigionarsi dal vivaio
della borghesia o, nel momento in cui più avanti negli
anni è eccitato dalle adolescenti, più abbondantemente
dal popolo.
Jeanne-Antoinette Poisson, era figlia di una donna bellissima,
considerata addirittura una delle più belle di Parigi,
ma altrettanto chiacchierata. Il suo nome era Luise-Madeleine
de La Motte, e nonostante il bel cognome era semplicemente figlia
di un ricco commerciante fornitore di carne e derrate all'Hotel
des Invalides. Il marito Francois Poisson figlio di un tessitore,
lavorava per i fratelli Pàris che si occupavano di forniture
militari e col tempo diventarono banchieri e arrivarono a ricoprire
cariche molto alte nell'amministrazione dello Stato.
Reinette a sette anni (era nata nel 1721) fu messa in convento
dalle Orsoline come tutte le bambine delle famiglie aristocratiche.
Ma non vi stette molto perché era una bambina delicata,
e, nel momento in cui si era ammalata, la madre la portò
via. Già bella da bambina diventava sempre più bella
man mano che cresceva.
Fu la madre che desiderando un avvenire splendido per la figlia
la portò da una indovina, che leggendole la mano le predisse
che sarebbe diventata <quasi regina> .
Questa predizione fece scatenare l'ambizione della mamma e la
fantasia della bambina. La madre aveva pensato che alla bambina
bisognasse dare una educazione adeguata. La bambina nei suoi giochi
infantili giocava a considerarsi l'amante del re.
A questo punto entra in gioco il signor Le Normant-Tournehem,
amico della mamma e probabilmente padre di Jeanne-Antoinette (e
del fratello di questa, Abel) il quale, essendo ricco, ritiene
che alla bambina vada impartita una educazione particolarmente
raffinata, e a tutta la famiglia un tenore di vita più
elevato, per cui la trasferisce in un lussuoso palazzo di rue
de Richelieu, mettendo a disposizione di madame Poisson tutti
i mezzi finanziari necessari per l'educazione dei due ragazzi.
Reinette ebbe il meglio di quanto potesse offrire Parigi dov'era
concentrato il meglio della Francia. Per musica e canto ebbe come
maestro il grande cantante Jèlyotte. Guibodet le insegnò
portamento e danza. Il famoso drammaturgo Crébillon le
insegnò dizione e recitazione. Imparò equitazione,
in cui aveva mostrato temperamento, nonostante il fisico delicato.
A diciott'anni era pronta ad affrontare la società. C'erano
però due ostacoli da superare, le sue modeste origini e
la fama poco lusinghiera della madre.
Fu fortunata ad entrare nelle simpatie di madame de Tencin, dalla
quale si riunivano gli spiriti illuminati del tempo come Voltaire
e d'Alembert, dai quali Jeanne-Antoinette aveva assorbito, ascoltandoli
avidamente, le idee che essi manifestavano.
Ma questo non bastava, occorreva che un matrimonio la portasse
più su nella scala sociale. Vi provvede ancora il signor
Normant il quale aveva pensato a un suo nipote, Guillaume Le Normant
d'Etioles, figlio di suo fratello, che aveva ventitré anni.
Il giovane non era bello ed era poco attraente, però nei
modi era un perfetto gentiluomo. Alla proposta dello zio oppose
un netto rifiuto perché non intendeva diventare genero
di una donna su cui correvano pettegolezzi e aneddoti salaci.
Lo zio aumentò la dote di Reinette, che veniva dotata della
cifra ragguardevole di centoventimila livres, oltre a un regalo
di ottantamilacinquecento livres e al mantenimento di vitto alloggio,
servitù, carrozze e cavalli. Era stato anche previsto che
in caso di separazione ciascuno dei due avrebbe avuto un vitalizio
adeguato e garantito per una vita altrettanto decorosa.
Il giovane Guillaume si lasciò convincere da tutte queste
concessioni e il matrimonio ebbe luogo nel marzo 1741. Jeanne
Antoinette acquisì il cognome Le Normant d'Etioles. Gli
sposi andarono a vivere in una casa in rue saint Honoré
dove furono dati ricevimenti di cui parlava tutta Parigi. E, in
tutta Parigi si parlava di madame Le Normant d'Etioles e, non
solo della sua bellezza ma del suo spirito, del suo carattere,
della sua cultura.
Incominciarono ad aprirsi i salotti esclusivi, in particolare
quello di madame Geoffrin, aperto il lunedì per la cena
dei pittori, il mercoledì per la cena dei filosofi, e a
quest' ultima gli abituée erano Montesquieu, Voltaire e
d'Alembert.
L'estate Jeanne-Antoinette andava a passarla nella campagna di
Etioles e quì riceveva il suo maestro Crébillon,
Bernard Fontenelle (*) e il duca di Richelieu che viveva a Corte.
Per puro caso la tenuta d' Etioles era a poca distanza dal castello
reale di Choisy le roi, dove il re andava a caccia. Reinette incominciò
a farsi vedere durante queste cacce, guidando una bellissima carrozza
azzurra. Questa circostanza si ripeté per alcune volte
fino a quando il re non fu incuriosito e volle sapere chi fosse
la sconosciuta, alla quale fece pervenire un trofeo di cervo che
egli stesso aveva ucciso.
Le apparizioni continuarono fin quando a Reinette non pervenne
un biglietto della Chateauroux, che la invitava a desistere dal
farsi vedere sul percorso di caccia del re. Reinette capì
che doveva aspettare qualche altra occasione. Questa arrivò
nel 1745 (la Chateauroux era morta nel 1744) quando a Versailles
si dette un ballo in maschera, al quale con i nobili potevano
partecipare anche i borghesi. Al ballo il re e i suoi accompagnatori
arrivarono mascherati da alberelli di tasso. Jeanne-Antoinette
da Diana cacciatrice. Vi fu tra il re e Reinette un incontro fugace,
lei tolse la sua maschera per un attimo, sufficiente a far notare
al re la sua bellezza, e si dileguò tra la folla.
Tre giorni dopo la municipalità di Parigi ricambiò
offrendo un ballo in onore del delfino e della sposa all'Hotel
de Ville. A questa festa partecipò Reinette e anche il
re che doveva incontrare un'altra ragazza che non si presentò
all'appuntamento. Il re era rimasto contrariato. A un certo punto
intravide m.me d'Etioles, le si avvicinò, la prese per
mano, i due si appartarono per poco. Luigi la invitò a
passare la notte a Versailles, Reinette rifiutò e chiese
di essere portata a casa, ma nei giorni successivi una carrozza,
apparentemente vuota, faceva la spola tra Parigi e Versailles.
La fortuna che aveva segnato la strada di Jeanne-Antoinette aveva
bisogno di una spinta. Il re non si decideva a prenderla con sé.
Egli aveva il giusto dubbio che m.me d'Etioles avesse delle personali
ambizioni. La spinta giunse da parte di un valletto di camera,
Binet, confidente di Luigi e parente di Reinette, che gli parlava
spesso di lei dicendogli che era innamorata e lo rassicurava sul
fatto che era una donna molto ricca e non aveva nessun altro interesse
all'infuori del sentimento che nutriva per lui.
Nel frattempo non era mancato un intrigo. Un gesuita, consigliere
del re e vescovo di Mirepoix che era a Corte, era decisamente
contrario al rapporto che si stava instaurando tra il re e m.me
d'Etioles. Per questo aveva minacciato Binet, il quale pur non
sapendo come regolarsi, aveva finito per riferire la minaccia
al re. Era ciò che ci voleva perché il re prendesse
la decisione. Jeanne-Antoinette sarebbe diventata la sua amante
ufficiale.
Creata per l'occasione marchesa di Pompadour, doveva essere presentata
a Corte. Era sorta la difficoltà di trovare chi dovesse
accompagnarla, come previsto dall'etichetta, in quanto tutte le
nobili dame avevano opposto un rifiuto. Alla fine l'incarico fu
assunto dalla principessa di Conti, nobile di rango, che aveva
molti debiti da saldare. Quando fece sapere di accettare, i debiti
le furono immediatamente azzerati. Un abate ignaro, in presenza
della principessa, chiedeva quale <puttana> avrebbe osato
presentare un tal donna alla regina. La principessa con molto
spirito gli sussurrò ridendo: <Abate, non continuate.
Sarò io>!
Il giorno della sua presentazione ufficiale, era apparsa nel salone
del Consiglio a Versailles con la freschezza dei suoi ventitré
anni, in tutto il fulgore della sua bellezza, esaltata da uno
splendido vestito che non aveva eguali, che le metteva in mostra
le spalle tornite, il seno florido, la carnagione vellutata, le
braccia e le mani che nessuna delle nobili di corte poteva vantarsi
di avere. I bei capelli erano ornati da un diadema di diamanti
che rendevano il suo volto radioso. Gli occhi dei cortigiani presenti,
ostili da far raggelare il sangue, erano tutti puntati su di lei.
La sala era carica di tensione. La loro prima delusione fu la
sua bellezza. L'avevano quindi seguita in tutti i movimenti per
cogliere anche una minima sfumatura di errore nelle rigide e meticolose
regole dell'etichetta, che avrebbero rivelato la sua origine borghese,
ma anche in questo Reinette, ora marchesa di Pompadour, aveva
deluso le aspettative. Aveva folgorato lo stesso Luigi XV, che
dopo l'inchino di lei era riuscito solo a farfugliare qualche
parola di circostanza.
Nel presentarsi davanti alla regina, mentre stava per togliere
il guanto per prenderle l'orlo del vestito da baciare, le si era
rotto il braccialetto di perle che si erano sparse sul pavimento.
La regina aveva colto il gesto di umiltà aiutandola a rialzarsi.
Questo gesto e le parole che le aveva rivolto erano esattamente
il contrario della reazione negativa che i cortigiani si aspettavano.
La regina, rassegnata a trovarsi dappresso le amanti del marito,
dirà poi che, visto che accanto al re doveva essercene
una, era meglio che fosse lei anziché un'altra!
*) La fama di Fontenelle non è giunta fino a noi come
quella di Voltaire o di Montesqieu, pur essendo dello stesso livello
intellettivo e intellettuale. Egli era un illuminista puro, convinto
cartesiano, ateo, scettico, ironico, la sua opera l'aveva svolta
nei salotti parigini con le sue impareggiabili e raffinate conversazioni
(oggi si parlerebbe di conferenze), per mezzo delle quali a poco
a poco era riuscito a educare ed evolvere i suoi ascoltatori,
da una mentalità dell'uomo medioevale e barocca, a quella
nuova dell'uomo che dubita, che è spinto dalla curiosità
a indagare, che è la caratteristiche dell'uomo cartesiano,
dell'uomo moderno.
LE ALTRE AMANTI
Jeanne-Antoinette
aveva una salute cagionevole, era malata di polmoni e aveva dovuto
ricorrere a sotterfugi per tenere nascosta la sua malattia. Avvicinandosi
ai trent'anni il corpo provato dalla vita di corte (dalle nove
del mattino alle tre di notte doveva mostrarsi viva e vitale)
e dalle maternità interrotte, incominciava a sfiorire e
a dar segni di cedimento con problemi renali, cardiaci e circolatori.
Sia per questi motivi di salute che per il suo temperamento freddo
i rapporti amatorii col re erano cessati.
La Pompadour voleva riavvicinarsi ai sacramenti, ma non poteva
avere l' assoluzione perché pubblica peccatrice. A nulla
era valso l'aver reso di pubblico dominio la fine dei suoi rapporti
col re, che ora erano di amicizia e di collaborazione, nonostante
si fosse dedicata a opere religiose, di pietà, a letture
edificanti, alle preghiere, circondandosi di crocifissi e altro
materiale religioso e perdonando i suoi nemici. Aveva inoltre
trasferito il suo appartamento dal primo piano al pianoterra,
vicino al gabinetto del re proprio per sottolineare che i rapporti
sessuali erano cessati. Era infatti diventata sua prima consigliera,
per tutti gli affari di Stato. Per ottenere l' assoluzione occorreva
il perdono del marito, che non tardò ad arrivare, e così
la Pompadour fu riammessa ai sacramenti.
Sistemata la questione religiosa, alla Pompadour viene riconosciuto
il titolo di duchessa (1752) e contemporaneamente quello di dama
di palazzo, che le dà diritto di rimanere seduta in presenza
dei sovrani e di essere considerata come facente parte della famiglia
reale.
Essa pur di non avere rivali di rango - e ve n'erano di agguerrite
e senza scrupoli che avevano una gran voglia di spodestarla -
aveva opportunamente chiuso gli occhi, lasciando che il re, che
si mostrava sempre più interessato a ragazze giovani, anzi
giovanissime e vergini, coltivasse tranquillamente questa sua
passione, a volte aiutandolo nelle sue imprese.
Essere amante del re era l'aspirazione di tutte le dame particolarmente
dell'alta nobiltà, che avrebbero fatto di tutto per diventarlo,
arrivando a un punto tale di sfrontatezza che una di esse, nel
momento in cui aveva visto fallire il suo tentativo e non dandosi
ancora per vinta, aveva esclamato: <Va bene. Per ora mi accontento
di mio marito>.
Il massimo della sfrontatezza era stato raggiunto dalla viscontessa
di Cambis, peraltro giovanissima pupilla della Pompadour, per
la quale la marchesa aveva combinato un matrimonio.
Lei invece desiderava ardentemente sostituirsi alla sua madrina
presso il re. Dopo la celebrazione del matrimonio, la stessa notte
delle nozze, mentre il marito stava incominciando con le prime
<avances>, lei gli dice chiaramente di non illudersi, perché
non sarebbe mai stata sua. Il marito, trasalendo, le chiede perché
e lei di rimando: <perché voglio essere del re>!
La viscontessa riuscirà ad arrivare al re, ma solo per
il tempo di fargli cogliere il frutto che gli aveva tenuto riservato.
Per il resto, non era riuscita a suscitare alcun altro interesse
e il tanto desiderato sovrano l'abbandona al suo destino passando
ad altri amori.