L'attività
sessuale di Luigi era diventata frenetica. Per evitare che il
viavai si svolgesse alla reggia, fu allestito un rifugio che si
trovava nel Parco dei cervi, il cui restauro fu curato dalla stessa
Pompadour.
La prima a inaugurare il rifugio fu una tredicenne che aveva colpito
per la sua bellezza il fidato Lebel, il valletto di camera del
re, che andava alla ricerca di belle fanciulle per soddisfare
le sue voglie. Era una ragazzina, di origine irlandese, Louise
Murphy passata per le mani di Giacomo Casanova.
Il famoso scrittore veneziano era a Parigi e una sera a un suo
amico venne voglia di andare a passare la serata a casa di una
attrice. Casanova che quella sera non aveva voglia di avventure
chiese per sé un canapè per riposare.
Nell'appartamento si trovava anche la sorellina dell'attrice,
<una sudicia ma graziosa mocciosetta> che, alla richiesta
di un letto si era mostrata disposta a cedere il suo per uno scudo.
Si trattava di un pagliericcio su due assi. Casanova si rifiutò
di darle lo scudo perché lui aveva chiesto un letto, non
un pagliericcio. Iniziò così una conversazione durante
la quale Casanova chiese alla ragazzina se dormisse vestita.
Lei rispose di no. <Allora spogliati che voglio vedere come
sei fatta>. <Sì, però non mi fa niente>,
rispose la ragazzina. Dopo aver avuto questa assicurazione la
ragazzina si spoglia e si copre con una vecchia tenda. Aveva tredici
anni scrive Casanova. Guardandola e bandendo ogni forma di pregiudizio,
non mi parve né mocciosa né stracciata, anzi, la
trovai di una bellezza incantevole. <Volli vederla. Si schermì
ridendo; ma uno scudo d'argento la rese arrendevole come un agnello>.
Il lettore, prosegue Casanova, sa che l'ammirazione non può
essere disgiunta da un altro tipo di approvazione, ma la piccola
era disposta a farmi fare tutto tranne ciò che desideravo.
<Mi avvertì che non me lo avrebbe permesso perché
a giudizio di sua sorella maggiore, quella cosa valeva venticinque
luigi. Le dissi che avremmo discusso un'altra volta il prezzo,
e allora mi diede un generosissimo saggio della compiacenza che
mi avrebbe mostrato in futuro>.
Così mi godetti la piccola Elena (Casanova la chiama così
per la bellezza), lasciandola intatta. La ragazzina (*) dette
il denaro alla sorella e rivolgendosi a lui gli disse che ne avevano
gran bisogno. Casanova assicurò che sarebbe tornato il
giorno seguente, impressionato dalla bellezza della ragazza, tale
che voleva mostrarla al suo amico (di nome Patu) perché
gli confermasse che sarebbe stato impossibile trovarne una più
perfetta. Aveva infatti una pelle bianca come un giglio e possedeva
tutte le grazie che la natura e l'arte di un pittore avrebbero
potuto mettere insieme.
La bellezza del suo viso comunicava una deliziosa pace a chi la
contemplava. Tornando, Casanova non riusciva a concordare il prezzo
richiesto in seicento franchi (pari a venticinque luigi) che riteneva
eccessivo, ma al momento le aveva dato dodici franchi. Le visite
si ripetevano e Casanova non si decideva ad accettare la proposta,
ma ogni volta lasciava alla ragazzina dodici franchi. Dopo tante
visite, la sorella maggiore gli fece ironicamente notare che durante
tutte le visite fatte aveva già lasciato trecento franchi,
la metà del prezzo richiesto. Casanova preso dalla bellezza
della ragazza aveva richiesto a un pittore di ritrarla e questo
l'aveva ritratta in maniera perfetta, nuda, coricata sul ventre
con le braccia e il collo poggiati su un cuscino e la testa rivolta
come se fosse stata sdraiata sul dorso. Sotto il ritratto Casanova
(conoscitore del greco) aveva fatto scrivere O Morphy, parola
non omerica, egli scrive, che significa <bella>.
L'amico Patu espresse il desiderio di avere una copia del ritratto,
che con altre copie finì a Versailles dove vennero mostrate
al re. Il re si incuriosì e volle rendersi conto personalmente
che il ritratto corrispondesse alla persona, che volle fosse portata
in sua presenza. Fu così che Louise ripulita e resa presentabile
fu portata dal re accompagnata dalla sorella e dal pittore. Il
re, tolto il ritratto dalla tasca guardò l'una e l'altro,
rimanendo impressionato dalla somiglianza. Si era quindi seduto,
aveva preso sulle gambe la ragazzina e dopo qualche carezza si
era assicurato che la ragazza fosse vergine, dandole un bacio.
Il re le chiese se le sarebbe piaciuto rimanere a Versailles.
Louise rispose di mettersi d'accordo con la sorella, che fu ben
felice di accettare, specie quando due giorni dopo le furono recapitati
mille luigi.
Iniziò così l'avventura di Louise detta Morphise
che rimase a Versailles ospitata al Parco dei Cervi.
La Morphise non brillava in intelligenza, ma aveva mostrato grande
talento per il resto, tanto che il re ne era rimasto preso fino
al punto che Louise dopo un anno ebbe una maternità indesiderata.
Per evitare uno scandalo Morphise fu ospitata a Fontainebleu e
questo aveva creato fermento sia nella diplomazia vaticana che
nelle aspiranti amanti, specialmente da parte della più
acerrima nemica della Pompadour, madame d'Estrées, in quanto
sembrava che la piccola potesse dare il cambio alla Pompadour.
Louise dopo tre anni cadde in disgrazia presso il re, perché
le era stato tramato un intrigo. La marchesa d' Estrées
(1) nemica della Pompadour, andò a trovarla al Parco dei
Cervi e le suggerì di far ridere il re chiedendogli come
trattava <la vecchia> (la Pompadour). Era il modo di far
cadere chiunque in disgrazia, perché Luigi non sopportava
chi in sua presenza mancasse di rispetto a chicchessia. Louise
ingenuamente riferì. Il re la fulminò con un'occhiataccia
chiedendole chi le avesse suggerito una simile domanda. Louise
raccontò tutto, ma venne ugualmente licenziata con una
dote di duecentocinquantamila livres e un ufficiale bretone di
nome d'Ayat, per marito. La bambina avuta da Morphise fu messa
in convento con un vitalizio di ottomila livres all'anno.
Per colmo di ironia Louise era stata utilizzata dal pittore Boucher
come modella, sia per un quadro in cui appariva nuda come nella
descrizione di Casanova, sia per il gruppo della Sacra famiglia
in cui il volto della Madonna era rappresentato proprio da quello
di Louise. Questo quadro era finito nella camera della regina,
davanti al quale essa svolgeva le sue devozioni pregando in ginocchio.
Al Parco dei cervi Luigi, per non farsi riconoscere, si faceva
passare per un principe polacco, ospite del re, ma una ragazza,
frugando nelle sue tasche, aveva trovato una lettera, dalla quale
lo aveva riconosciuto, facendo una scenata isterica per ricattarlo.
Costei, tenuta in manicomio per alcuni giorni, era stata convinta
a prendere una bella somma e a tacere per sempre.
Le avventure nel Parco dei cervi non avevano tregua. La varia
umanità che era da lì passata aveva lasciato poche
tracce di sé. Molte di quelle ragazze sono rimaste sconosciute.
Anche a conoscerli erano nomi senza importanza. Tutte, nel momento
in cui i desideri del re si attutivano, erano congedate e generosamente
gratificate con centomila livres e abbandonate al loro destino,
che normalmente era quello della prostituzione.
Di paternità, per così dire, indesiderate il re
ne aveva avute almeno una ventina. Tutti questi <figli di Francia>
ricevevano una buona pensione ed erano affidati a conventi o a
famiglie discrete. Man mano che morivano, e la mortalità
giovanile stranamente per questi figliastri era frequente, la
pensione andava ad arricchire quella degli altri. Tra costoro
ve ne era uno, il conte du Luc, che era il ritratto del padre
e un altro che il padre aveva voluto portasse il nome dei Borbone
e si chiamasse Louis Aimé (Luigi Amato).
Louis Aimé era figlio di Anne Roman-Coupier (di essa Casanova
ne parla nelle Memorie, ed era stato lui a determinarne il destino).
Il piccolo Luigi Amato di Borbone fu tolto alla madre e, messo
in convento, divenne abate ma aveva le mani bucate. Chiedeva sempre
soldi che non gli venivano rifiutati. Riuscì ad averne
dal successore Luigi XVI e, dopo la morte di questo (ghigliottinato),
anche da Luigi XVIII.
*) Louise aveva quattro sorelle, tutte dedite alla prostituzione;
per Louise, quando il padre aveva saputo che era diventata amante
del re, aveva esclamato: finalmente anch'io ho una figlia perbene!
1) Secondo altra versione sarebbe stata madame Valentinois a dare
quel suggerimento, rivolto però alla regina e non alla
Pompadour. La reazione del re che non permetteva certi comportamenti
irriguardosi, sarebbe stata comunque la stessa.
ROMAN COUPIER E CASANOVA
In uno dei suoi
viaggi Casanova era a Grenoble dove la sera del suo arrivo si
recò a teatro. Qui, dopo aver passato in rassegna tutte
le donne, fece la sua scelta (commentando sarcasticamente: <come
se tutta l'Europa non fosse che il serraglio destinato ai miei
piaceri>). I suoi occhi si posarono su una giovane signorina,
molto bella, dall'aria modesta, bruna, ben fatta, vestita semplicemente.
<La ragazza, dopo avermi fatto scivolare gli occhi addosso
una sola volta, si ostinò a non guardarmi più. La
mia vanità mi fece pensare che avesse fatto così
per lasciarmi piena libertà di osservare il suo corpicino
ben proporzionato>. Casanova disse al suo accompagnatore che
voleva conoscerla, ma lui gli rispose che era una giovane onesta
e non riceveva nessuno, oltretutto era molto povera; erano proprio
le tre qualità che gli facevano accrescere la voglia di
conoscerla. In quei giorni quella signorina era diventata il suo
chiodo fisso, e si diceva: <lei onesta e povera, io onesto
e ricco, non vedo il motivo per disprezzare la mia amicizia>.
L'amico, barone di Valenglar, gli aveva presentato la zia della
ragazza, madame Morin, dalla quale un pomeriggio ambedue si recano
in visita. Costei aveva sette figli che furono presentati uno
per uno. Poco dopo arrivò la signorina Anne che Casanova
desiderava conoscere, figlia della sorella di madame Morin la
quale la informò del desiderio che aveva avuto l'ospite
di conoscerla dopo averla vista al concerto. Lei per tutta risposta
fece un bell'inchino arrossendo, volgendo modestamente i due occhi
neri, così belli, commenta Casanova <che non ricordo
di averne visti di più belli>.
Aveva intorno a diciassette anni, una pelle bianchissima, capelli
neri appena velati da un po' di cipria, una gran bella statura,
denti superbi e sulla bocca un grazioso sorriso di modestia e
gentilezza. Era vestita con sobrietà senza avere quel superfluo
indizio di agiatezza. Non aveva orecchini, anelli, orologi. L'unico
ornamento che aveva era un nastro nero al collo da cui pendeva
una croce d'oro. <Se non fosse stato per quella croce, non
mi sarei permesso> scrive Casanova <di guardarle il seno
che non era né troppo esuberante né troppo scarso,
era perfetto e la moda e l'educazione l'avevano abituata a lasciarlo
vedere per un terzo con la stessa innocenza con cui lasciava vedere
a tutti le gote su cui le rose si mescevano ai gigli>. Casanova
incominciò a corteggiare in tutti i modi la ragazza, con
carezze e baci senza però riuscire a ottenere di più.
Avendo fatto l'oroscopo a una delle figlie di madame Minon, al
quale lo stesso Casanova non credeva, ma lo aveva fatto così
bene che neanche gli pareva l'avesse fatto lui, gli fu richiesto
anche dalla Roman.
Dopo qualche giorno l'oroscopo era pronto. Casanova racconta che,
dopo aver scritto quello che era successo nei primi diciassette
anni, cose che aveva saputo da lei stessa e dalla zia fingendo
indifferenza quando le raccontavano, aveva deciso di predire alla
ragazza che la fortuna l'aspettava a Parigi dove sarebbe diventata
amante del re. Non c'era però tempo da perdere, non doveva
far trascorrere il suo ventitreesimo anno di età (1760).
Casanova ride di questa circostanza, dicendo che quello che dava
un tono profetico al suo sproloquio era la predizione della nascita
di un figlio che sarebbe stato la fortuna della Francia. <L'idea
di diventare celebre nel campo dell'astrologia, proprio in un
secolo come il mio in cui la ragione l'aveva così screditata,
mi colmava di gioia. Mi vedevo già ricevuto dai monarchi
e divenuto nella vecchiaia inaccessibile>.
L'intera famiglia si era convinta di ciò che era scritto
nell'oroscopo e che la ragazza doveva andare a Parigi. Ma non
c'era la possibilità di poterlo fare per mancanza di denaro.
Secondo madame Morin occorrevano cento luigi che non avevano.
Casanova nella sua generosità chiede di allontanarsi per
un po'; sale in camera, prende un rotolo sigillato contenente
cinquanta dubloni d'oro, pari a centocinquanta luigi e, ritornato,
lo consegna alla Morin che non vuole accettare. Casanova insiste
dicendo che lo riteneva un prestito e che in pegno gli bastava
avere una cambiale per centocinquanta luigi da pagarsi quando
Anne fosse divenuta ricca.
La Roman partì per Parigi. In seguito Casanova riceverà
una lettera in cui gli comunicavano che la Roman era diventata
l'amante del re.
Dopo qualche tempo Casanova recatosi a Parigi, ebbe un incontro
con la Roman, amante del re, al momento incinta, che gli parlò
della sua infelicità, dicendogli: <Tutti mi credono
felice e tutti invidiano la mia sorte. Ma si può essere
felici quando si è persa la stima di sé? Sono sei
mesi che non rido più se non a fior di labbra, mentre a
Grenoble, anche se ero povera e quasi priva di tutto, ridevo con
un'allegria fresca e senza ritegno. Ho gioielli e trine e un palazzo
superbo, carrozze e cavalli, un bel giardino, parecchie donne
a mia disposizione, una dama di compagnia che forse mi disprezza
e sebbene sia trattata da principessa dalle prime dame di corte
che vengono a farmi visita periodicamente, non passa giorno senza
che provi qualche mortificazione Ho cento luigi al mese
del mio spillatico. Li distribuisco in elemosine, ma con economia
per arrivare alla fine del mese Amo il re. Come non amarlo!
Gentile, buono, dolce, bello, amorevole e tenero com'è.
Ha tutto quello che ci vuole per soggiogare il cuore di una donna.
Non cessa mai di domandarmi se sono contenta dei mobili, del guardaroba,
di quelli che mi attorniano e del giardino o se desidero qualche
cambiamento. Io lo bacio, lo ringrazio, gli dico che tutto va
per il meglio e sono felice di vederlo contento>.
Anne divenuta Anne Roman de Coupier dopo aver dato alla luce Louis
Aimè, non rimarrà a lungo con il re. Un intrigo
della Pompadour stranamente gelosa di questa relazione, le creerà
il vuoto attorno. Nel 1772 Anne sposerà il marchese di
Cavannac, da cui si separerà. Morirà in Spagna nel
1808, dove aveva avuto l'accortezza di rifugiarsi durante la Rivoluzione.
LA CONTESSA
DU BARRY
La Pompadour
moriva a 43 anni (1764). Tempo prima tutta ricoperta di veli si
era recata da una indovina per conoscere il suo futuro e l'indovina
le aveva preannunciato che presto sarebbe morta, ma non tanto
presto da non avere il tempo di prepararsi. Due giorni dopo la
sua morte, la sua bara fu portata via dalla chiesa della reggia
di Versailles su un carro tirato da dodici cavalli. Soffiava un
vento forte e pioveva a dirotto. Luigi, incurante della pioggia
e del vento aveva seguito con lo sguardo il carro che si allontanava.
L'ultimo omaggio reso al feretro furono le lacrime che con la
pioggia gli avevano bagnato il viso.
Jeanne Antoinette aveva avuto una vita breve ma intensa di piaceri,
di ricchezza, di lusso e di interessi nell'arte, con lo stile
Pompadour o per le porcellane di Sévres che lei aveva riportato
in auge, in cui spiccava il famoso rosa Pompadour e negli affari
di Stato. Un esempio del suo potere può esser dato dalla
firma del trattato tra Francia e Austria. Tra questi due paesi
e tra i Borboni e gli Asburgo (v. Genealogie) non correvano buoni
rapporti (anche se la mamma e la moglie di Luigi XIV erano Asburgo)
e per far firmare il trattato l'ambasciatore austriaco Kaunitz
aveva dovuto corteggiare la Pompadour. Gli accordi furono raggiunti
e il trattato era stato felicemente firmato (1755) con soddisfazione
dell'imperatrice Maria Teresa, che per la sua religiosità
non accettava quel genere di compromessi. Maria Teresa però,
per gratitudine, aveva mandato in regalo alla marchesa uno scrittoio
indiano laccato d'oro con un suo ritratto miniato. Il suo imperiale
orgoglio non le aveva permesso di accompagnare il dono con un
biglietto autografo di ringraziamenti, perché <quel
genere di mediatrice non trovava la sua approvazione>.
I trattati tra le case regnanti erano normalmente garantiti da
matrimoni. Anche questa volta la garanzia fu data vicendevolmente
con tre matrimoni. Ai Borboni di Francia fu mandata per il Delfino
(futuro Luigi XVI), Maria Antonietta, giovanissima figlia di Maria
Teresa. A Giuseppe II, figlio di Maria Teresa fu mandata Maria
Isabella di Parma (da poco il ducato di Parma e Piacenza era stato
assegnato ai Borboni). Infine, Ferdinando di Borbone-Parma (v.
Genealogie), aveva sposato Maria Amalia, altra figlia di Maria
Teresa.
La Pompadour aveva raggiunto il massimo dei titoli nobiliari,
quello di duchessa, che, come abbiamo visto, la faceva entrare
a far parte della famiglia reale. Essa era stata nella reggia
di Versailles una vera regina e solo nominalmente <réine
à gauches>. Dopo quattro anni dalla sua morte (ma in
questo periodo Luigi aveva continuato a coltivare al Parco dei
cervi il suo hobby preferito), il suo posto sarà preso
dalla ventiduenne bionda e affascinante Marie Jeanne Bécu
che diventerà famosa come contessa du Barry.
Le sue origini erano più umili di quelle della Pompadour.
Anch'essa figlia illegittima nata dal rapporto di un monaco, Jean
Jaques (o Baptiste) Gomard de Vaubernier, che viveva fuori dal
monastero e dalla regola, con Anne Bécu, figlia di un pasticcere.
All' età di dieci anni è messa in convento presso
le monache di Saint Aure, dove impara a leggere, scrivere, suonare
il clavicembalo, declamare, cucire e rammendare, a conoscere elementi
di astronomia per l'uso dell'Almanacco utilizzato per gli oroscopi
che in quel periodo erano di moda, oltre alle belle maniere per
poter stare in salotto e saper fare la riverenza.
A quindici anni torna dalla madre, che le trova un lavoro presso
un parrucchiere. Questo tipo di lavoro in quel periodo era diventato
difficile in quanto le parrucche avevano raggiunto altezze spropositate,
tanto che le donne che andavano in carrozza, erano sottoposte
al supplizio di fare il tragitto in ginocchio!
Jeanne, Bécu, che abbandonato il cognome della madre si
chiama ora Rancon, aveva avuto la sua prima tresca con il giovane
parrucchiere, interrotta dalla madre che cercava per il figlio
qualcosa di meglio. Licenziata, trovò lavoro come cameriera
presso la proprietaria di una casa di moda, famosa per i tessuti,
A' la Toilette.
Costei, poco dopo, la promosse sua dama di compagnia e lettrice.
Questa signora aveva due figli sposati, con i quali Jeanne aveva
modo di intrattenersi. La situazione si era anche un po' complicata
in quanto la moglie tedesca di uno dei due fratelli si era innamorata
di lei, non sappiamo però con quali esiti. Sta di fatto
che in quel periodo Jeanne aveva raggiunto i diciannove anni ed
era diventata una donna semplicemente incantevole. Altezza regolare,
bionda, dalle belle forme, un viso ovale in cui spiccavano due
grandi occhi di fuoco di un blu che davano al viola dal taglio
a mandorla, sopracciglia ben delineate, un sorriso che le metteva
in mostra denti bianchissimi.
A' la Toilette era frequentata dall'alta borghesia e dalla Parigi
bene e frivola e Jeanne viene notata da un nobile cinico e avventuriero,
dilapidatore di danaro e cacciatore di donne per gente ricca,
Jean du Barry, detto Scaltro, che nel bene e nel male segnerà
il suo destino.
Du Barry le scrive una lettera chiedendole di diventare la padrona
della sua casa e del suo cuore e, nei giorni in cui riceveva gli
amici, lei avrebbe dovuto fare gli onori di casa e non le
sarebbero mancati abiti e diamanti!
Jeanne, che ora si chiama Beauvernier, con la madre che non è
più Bécu ma Rancon, si trasferisce dal du Barry.
Ne diventa l'amante e presto non ha difficoltà a concedere
i suoi favori ai frequentatori della casa, dividendo a metà
gli utili con l'avido e squattrinato du Barry.
Pare che du Barry avesse invitato a cena Lebel, il valletto procacciatore
di ninfe di Luigi XV, il quale dopo aver visto Jeanne la descrive
al suo signore. Secondo un'altra versione meno probabile ma anche
possibile (perché Luigi aveva un occhio indagatore e anche
se usava l'occhialino, riusciva a notare le bellezze a distanza),
avendola il re notata tra la folla, avrebbe incaricato Lebel di
cercarla.
Luigi al primo incontro ne era rimasto colpito. Una spinta alla
decisione del re di prenderla a Versailles sarebbe arrivata dal
libertino duca di Richelieu, che aveva conosciuto Jeanne più
intimamente a casa di du Barry.
Luigi XV non si stancherà mai di contemplarla. Come dirà
in seguito al duca di Richelieu <gli faceva dimenticare i suoi
sessant'anni> e sarà sempre preso da questo amore, che
sarà l'ultimo. A suo dire gli aveva fatto assaporare piaceri
nuovi. Gli era stato detto (era sempre l'onnipresente duca di
Richelieu) che evidentemente non era mai stato in un bordello!
Sorge quindi il problema della presentazione a Corte. Jeanne,
all'inizio segregata in un appartamento di Versailles, deve essere
innanzitutto nobilitata con un matrimonio.
Per darle marito ha inizio una vera e propria <farsa>. Jean
du Barry non può essere utile perché già
sposato. Nei pressi di Tolosa, nel castello di famiglia dei du
Barry, a Levignac, abita un fratello di Jean, Guillaume, non sposato,
basso, grosso e mal fatto, senza denari e ridotto ad andare a
caccia col suo cane per avere qualcosa da mangiare. Il matrimonio
avrebbe sistemato tutta la famiglia. Si decide che Guillaume doveva
sposare Jeanne. Non si perde tempo per andare dal notaio, innanzi
al quale si presentano, Jeanne che ringiovanisce la sua età
di tre anni, l'organizzatore Jean du Barry, il padrino e la madrina,
nobilitati per l'occasione e presentati come monsieur de Mange
e madame de Barabin, e la madre che si presenta come vedova di
Jean-Baptiste Gomard de Vaubernier.
Il notaio prende atto che la futura sposa avrebbe provveduto personalmente
alla conduzione della vita familiare, a provvedere a tutte le
spese per il mantenimento di servitù, carrozze, cavalli,
a provvedere al mantenimento dello sposo e ad allevare ed educare
i figli che sarebbero nati dal matrimonio.
Si passa quindi alla cerimonia religiosa, celebrata all'alba del
primo settembre 1768, proprio dal padre-monaco (ora redivivo)
di Jeanne, che facendosi passare come elemosiniere del re celebra
la messa e benedice gli sposi.
Jeanne può sfoggiare ora il titolo di contessa e lo stemma
dei du Barry con il motto <Boutez en avant> che darà
la possibilità ai libellisti di sfogare tutte le loro fantasie.
Tra tutte le amanti del re, la du Barry sarà la più
ferocemente dileggiata! Mai Parigi conobbe tanti versi contro
di lei ribattezzata <du Barril>
Jean, dopo la cerimonia religiosa, aveva permesso al fratello
Guillaume di abbracciare <per l'ultima volta> la sposa,
non senza avergli ricordato, a scanso di equivoci, che quello
era l'ultimo favore che riceveva dalla sposa!
Regolarizzata con il matrimonio la sua posizione, si presenta
ora il problema della presentazione a Corte. L'etichetta esigeva
che solo una nobile poteva essere presentata da una nobile. Si
fece ricorso alla contessa di Bearn, piena di debiti. Le furono
assegnate centomila lire e ai suoi due figli che erano uno in
cavalleria, l'altro in marina fu assicurata una promozione.
Il giorno della presentazione (una prima volta era stata rinviata
per una caduta del re da cavallo) il 21 aprile 1769, la cerimonia
fu più semplice di quella della Pompadour perché
avvenne nello studio del re, alla presenza di pochi intimi cortigiani
e della famiglia reale, ma con la stretta osservanza della rigida
etichetta.
Jeanne aveva i suoi capelli biondi disseminati di diamanti che
davano luminosità al suo volto. Aveva un vestito molto
pesante con uno strascico lunghissimo che avrebbe potuto darle
dei problemi per le sei riverenze richieste, tre all'entrata e
tre all'uscita dalla sala, queste ultime indietreggiando. Tutte
riescono benissimo. Jeanne aveva una andatura aerea e sinuosa
che faceva sognare gli uomini e mandava in estasi il re che di
fronte a tanta bellezza rimase turbato. Dopo essere stata presentata
al re, fu la volta dei componenti della famiglia reale.
Anche Jeanne che era la personificazione della bontà, aveva
mostrato di avere talento e si occuperà degli affari di
Stato manovrando il cuore del re. Di norma i suoi interventi presso
il re avevano fini umanitari. Il suo regno rimarrà incontrastato
(il re però non si farà mancare altre piccole avventure),
ma durerà solo cinque anni, fino alla morte del re (1774),
morto di vaiolo a sessantaquattro anni.
Luigi non si era mai fatto vaccinare, ritenendo di averlo fatto
da giovane. Pare che avendo visto un funerale, la curiosità
lo avesse spinto ad avvicinarsi alla bara. Si trattava di una
ragazza morta di vaiolo. Secondo un'altra versione, avrebbe passato
una serata con una giovane contadina il cui fratello era appena
morto di vaiolo.
Il re in punto di morte aveva disposto che la du Barry fosse mandata
in convento e Jean du Barry fosse imprigionato. Dopo un anno di
convento le viene concesso di ritornare nel suo castello di Louveciennes
ma dovrà stare lontana dalla Corte.
Jeanne ha trentasette anni (siamo nel 1775), ha la sua cerchia
di amici e non le mancheranno nuovi amori. Il primo sarà
il conte Henri de Seymour. Questo si esaurirà nell'arco
di dieci anni, poi arriverà il duca Louis de Brissac (1785)
e infine il duca Louis-Antoine de Rohan-Chabot.
Si sta avvicinando a grandi passi l' 89, l'anno della Rivoluzione
che travolgerà anche lei colpevole di essere stata <una
prostituta favorita coperta di diamanti, del vecchio Luigi XV>.
La sua fine sarà determinata dalla <legge sui sospetti>
votata dalla Convenzione nel 1793, che considerava <sospetti,
coloro che per le loro relazioni familiari o di amicizia, il loro
comportamento o ruolo pubblico, la classe sociale, sono da considerarsi
contrari al nuovo regime>.
Nel 1792 Jeanne riceverà un macabro avvertimento da parte
di un gruppo di rivoluzionari ubriachi che portano su una picca
la testa tagliata al duca di Brissac, che, lanciata da una finestra,
era finita ai suoi piedi.
Jeanne aveva la passione per i diamanti e i gioielli. Per lei
costituivano anche una forma di investimento. Ne aveva accumulati
una quantità spropositata dal valore inestimabile. Saranno
questi a determinare la sua rovina. Aveva infatti subito un furto
e aveva commesso l'imprudenza di farne pubblicare la lista, facendo
sì che occhi invidiosi si puntassero su di lei. I gioielli
furono trovati a Londra per cui era sorta la necessità
di frequenti viaggi in quella capitale, anche per il processo
contro gli autori del furto. Questi viaggi saranno utilizzati
contro di lei.
Jeanne, peccando di ingenuità, non aveva avvertito il pericolo
che la sovrastava e non aveva tenuto conto degli avvenimenti che
avevano colpito persone a lei vicine come la esecuzione sommaria
di Brissac, la esecuzione del re avvenuta quando era a Londra
(21.1.1793) o dell'arresto di Jean du Barry, che sarà anch'egli
giustiziato.
Rientrata da Londra aveva trovato in un personaggio losco di nome
Greive, il suo principale accusatore, che ne fa la vittima contro
cui accanirsi ferocemente. Greive aveva montato accuse così
articolate che le difese, anche se molto puntuali, non erano riuscite
a smontare. Il verdetto è quello della condanna a morte.
La esecuzione è fissata per l'8.12.93. Jeanne cerca inutilmente
di ritardarla indicando altri nascondigli di gioielli e oggetti
di valore che dichiara di offrire alla Nazione. Nonostante le
sue proteste le vengono ugualmente tagliati i capelli e le viene
fatta indossare la veste rossa dei condannati a morte. Durante
il tragitto dalla Conciergerie alla piazza della Rivoluzione non
fa che singhiozzare chiedendo di essere salvata. Le sue grida
sono le uniche a rompere il silenzio della folla. Giunti al patibolo,
per forza il carnefice e i suoi aiutanti devono prenderla dal
carro e farle salire le scale mentre si dibatte. Quando è
sul palco inutilmente cerca di avere ancora un po' di tempo chiedendo
<un momento signor carnefice>. Prima che la mannaia si abbatta
sul suo collo, il suo urlo agghiacciante da far rabbrividire percorre
tutta la piazza.
BIBLIOGRAFIA:
André Castelot: Jeanne du Barry. Mursia
Giacomo Casanova; Storia della mia vita. I meridiani, Mondadori
Massimo Grillandi: Madame de Pompadour. Rusconi
Ivan Lantos: La vita della Marchesa di Pompadour. Peruzzo Editore
Memorie di Luigi XIV. Editrice SE
Gilles Perrault: I segreti di Luigi XV. Bietti
Saint-Réné Taillander: La Maintenon. Dall'Oglio
Editore
Saint Simone: Memoires. Paris
Voltaire: Il secolo di Luigi XIV. Einaudi