Cavalieri normanni - Dalla tela di Bayeux

 CRONACHE MEDIEVALI

 

TESTI TRADOTTI

 

Michele E. Puglia

 

Prosegue l’opera pregevole di un piccolo editore (*) che ha avuto il coraggio  già da alcuni anni, di iniziare una “Collana di studi storici medievali” con traduzioni di cronache del periodo delle conquiste normanne dell’Italia meridionale, scritte da ben noti autori come, Amato di Montecassino, Riccardo di S. Germano, Goffredo Malaterra, Alessandro di Telese, Guglielmo di Puglia, Pietro Diacono, ma dai più conosciuti solo nel nome e nei titoli delle loro opere in quanto ampiamente citati in storie generali (del Regno di Napoli o d’Italia) dei grandi storici dell’800 come Sismondi, Giannone ed altri.

In questa Italia, che non ci si raccapezza più per come sta andando (gli Editori non pubblicano neanche ristampe di testi esauriti, sebbene richiesti*) c’è voluto il coraggio di Ciolfi che si qualifica alla maniera dei tempi andati “Tipografo, Editore e Libraio”, con l’idea della pubblicazione di questa Collana (sul cui spessore non vi possono essere dubbi in quanto non è da considerare limitata alla storia locale, ma va vista nell’ottica della storia  europea, così come la stiamo presentando in questa Rivista).

La Collana si sta man mano arricchendo di piccoli capolavori che danno finalmente la possibilità ad appassionati, studiosi e specialisti  medievisti (Jaques Le Goff  ha fatto pervenire all’Editore la sua autorevole adesione), di poterli avere a disposizione e  richiesti dalle biblioteche di Francia, Inghilterra e Germania (con recensioni da parte della ben nota Monumenta Germaniae Historia), paesi che come si sa,  sono  sensibili sulla raccolta di materiale storico medievale.

La collana è anche molto curata, con il testo originale “a fronte” (nei primi volumi era  riprodotto in parte seconda), e si è andata arricchendo  di utilissime prefazioni, introduzioni filologiche, cronologia, bibliografia e indici, che ben introducono ad  approfondimenti, con traduzioni, eseguite da una “equipe” di esperti traduttori, che rendono piacevole la lettura.

Ciolfi merita un appassionato incoraggiamento, con l’invito non solo a continuare, ma nei limiti del possibile, ad ampliare il catalogo, già ricco, visto che oltre agli autori pubblicati (1),  sono in preparazione delle novità assolute come: Ugone Falcando: “Storia del Regno di Sicilia”; Pietro de Pretio: “Invettiva contro la morte di Corradino di Svevia”; Alfano: “I carmi”; e Andrea d’Ungheria: “Descrizione della discesa di Carlo d’Angiò”.

 

*) Sono note le traduzioni della Jaca Book, che da tempo non si trovano più nelle librerie e  di quelle più ampie della Fondazione Valla (di cui abbiamo parlato nella recensione di “Storia della Storiografia”), oltre ad alcune opere singolarmente pubblicate (come la “Cronaca” di Salimbene de Adam, ed. Diabasis;  la sospirata edizione della “Storia dei Franchi” di Gregorio di Tours, oltre a “Guerra di Federico II in Oriente” di Filippo da Novara e “Cronaca del Templare di Tiro" dell'Editore Liguori; e di “Chronicon” di Romualdo II Guarana dell’Editore Avigliano.

1) Pietro Diacono: “De viris illustribus cassinensis”; Riccardo di s. Germano: “Cronaca di Federico II”; Anonimo: “La cronaca di Subiaco”; Amato di Montecassino: “Storia dei Normanni”;  Desiderio Abate di Montecassino: “Dialoghi”; Erchemperto: “La storia dei Longobardi”; Pietro da Eboli: “Liber ad honorem Augusti”; Goffredo Malaterra: “Ruggero I e Roberto il Guiscardo”; Alessandro di Telese: “Ruggero II di Sicilia”; Guglielmo di Puglia: “Le gesta di Roberto il Guiscardo”.

 

 

NOTE SUI CRONISTI

 

 

GUGLIELMO DI PUGLIA. E’ il più celebrato dei cronisti di storia normanna, autore del noto poema “De gesta Roberti Wiscardi”, richiestogli dal papa Urbano II (1088-1099), dopo la morte di Roberto il Guiscardo (1085) avvenuta durante l’assedio di Costantinopoli, il cui manoscritto era andato disperso e ritrovato dopo molti secoli.

Le gesta di Roberto vanno dalla sua discesa nel Sud (1045), per unirsi ai suoi fratelli, alle prime conquiste della Puglia, Calabria e Sicilia con la cacciata degli arabi. Proseguono con le sue guerre contro l’imperatore Enrico IV e il sacco di Roma compiuto per liberare il papa Gregorio VII rifugiatosi a Castel Sant’Angelo e assediato dall’imperatore. 

Guglielmo, considerato nativo della Puglia, era certamente di famiglia normanna e comunque viveva in ambiente normanno al seguito di Roberto il Guiscardo (nelle note filologiche del testo pubblicato da Ciolfi, sono indicati i sostenitori delle varie tesi tra le quali ciascuno può scegliere quella che a suo giudizio ritenga essere più convincente).

Guglielmo compose il suo poema tra il 1090 e il 1111 ed esso con il  “Chronicon” malaterriano e  la “Storia dei normanni” di Amato di Montecassino, è tra le più antiche e importanti fonti storiche delle guerre di conquista sostenute dai Normanni nell'Italia Meridionale.

Scritto in ambiente aulico, il poema risente di quegli echi di rinascita, che agli inizi  dell’anno mille e quasi contemporaneamente alla conquista dell’Inghilterra, stava pervadendo  ora gli estremi lembi dell’Italia meridionale.

Quasi contemporaneo di  Amato di Montecassino e di Goffredo Malaterra, tra di essi non vi furono contatti e nella loro opera, come in tutti gli scrittori medievali, si avverte la presenza di Dio, e lo svolgimento delle cose umane è guidato dall’imprescrutabile volere divino. Questa presenza però  è più fortemente sentita in  Amato e nel Malaterra.

In Guglielmo comunque quel motivo, se pur vago, si avverte  quando p. es,  accenna alle speranze di vittoria dei tedeschi sui normanni nella battaglia di Civitate, quando dice (cap. II,141): “Gli Alemanni fidando dell’aiuto della vile schiera dei longobardi, credevano che i normanni sarebbero fuggiti, o morti ai primi scontri. Ma in una battaglia la vittoria non dipende dal numero, né dai cavalli, né dai soldati, né dalle armi, perchè è il Signore dei cieli che la concede (At non in numero, nec equis, nec gente, nec armis, sed cui de coelo datur est victoria belli)”.

Questi versi ci fanno avvertire le vibrazioni dell'anima del poeta davanti al mistero dello svolgimento dei fatti umani, immettendolo nell’alveo della corrente storiografica medievale, fondata su base trascendentale. Ma questo accenno è certamente minima cosa rispetto alla pulsante religiosità che pervade il “Chronicon” di Malaterra, o la concezione polemicamente ecclesiastica della “Jstoire de li Normant” di Amato.

Riteniamo che la sensibilità culturale di Guglielmo verso le espressioni della civiltà dei greci, dei saraceni e dei tedeschi, e la sua curiosità filologica nell'interpretazione di alcune parole greche ed anche arabe, possa fare affermare che in esse si scorgano i primi  semi che preludano alla futura messe degli studi umanistici.

Ed è appunto questo insieme del vecchio e del nuovo che dà al poema medievale una  sensibilità pre-umanistica, e ne rende suggestiva la sua lettura.

 

ALFANO (1015/20-1085) di nobile famiglia longobarda imparentata con quella del principe di Salerno, Guaimario V, aveva frequentato la Scuola medica salernitana.  Divenuto benedettino su invito dell’abate Desiderio, partecipò a vari Concili. Dopo una fuga rocambolesca da Costantinopoli (dove si era recato con il principe Gisulfo II per sollecitare all’imperatore una lega contro i normanni e Gisulfo, a sua insaputa,  lo aveva lasciato lì come ostaggio). Ritornato in Italia andò a rifugiarsi presso Roberto il Guiscardo. Ottenne l’arcivescovado di Salerno (1085) dov’era stata costruita la cattedrale, ma morì lo stesso anno e vi fu sepolto con il papa Gregorio VII che l’aveva consacrata, e morto anch’egli in quell’anno.

Esperto in teologia e scienze, Alfano è famoso piuttosto per i suoi versi poetici (“I Carmi” pubblicati da Ciolfi), che contengono anche avvenimenti e riferimenti a personaggi storici, di cui costituiscono una fonte. Scrisse anche opere di vario genere (agiografia, teologia e medicina) tra le quali: “De unione Verbi Dei et hominis”  e “De quibusdam quaestionibus medicinalibus” (ambedue perdute), “De quattuor humoribus corporis umani” e  “De pulsibus”.

 

ALESSANDRO DI TELESE: nell’opera “Ruggero II di Sicilia”, che gli fu richiesta  da Matilde, sorella di Ruggero II e moglie del conte Rainulfo, narra la storia del regno di Sicilia dal 1127 al 1135, in un confronto tra un passato di oppressioni e di barbarie e un presente che il provvidenziale arrivo dei normanni ha portato alla pace, al progresso e al rispetto della legalità e delle tradizioni cristiane

 

AMATO DI MONTECASSINO, era nativo di Salerno (sec. XI) monaco a Montecassino durante il periodo in cui era abate Desiderio. Aveva scritto l’ “Historia normannorum” che costituisce fonte primaria di notizie  con particolari sconosciuti.

Amato aveva scritto anche un poema intitolato “ De gestis apostolorum Petri et Pauli”.

 

ERCHEMPERTO, vissuto tra l’800 e il ‘900, di nobile famiglia si dedicò alla vita monastica nell’Abbazia di Montecassino. Oltre ad aver composto  versi poetici  aveva scritto la ”Erchemperti historia langobardorum et italicorum” (Storia dei Longobardi), facente parte della M.G.H (Monumenta Germaniae Historica), pubblicata per la prima volta dall’editore Ciolfi. 

 

GOFFFREDO MALATERRA: di lui non si hanno notizie, si sa solo che era normanno e benedettino ed era venuto con altri suoi conterranei nel monastero di Sant’Eufemia in Calabria. L’opera: “Ruggero I e Roberto il Guiscardo” (De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius) gli fu commissionata  dal gran conte di Puglia, Ruggero. L’autore avverte di non essere stato testimone dei fatti che ha attinto da testimoni veterani delle campagne normanne, ufficiali e funzionari, precisando che eventuali inesattezze non sono da ascrivere a lui ma ai “relatoribus” (non tam mihi, quam relatoribus culpando adscribantur), cioè a coloro che glieli avevano riferiti.

 

PIETRO DA EBOLI: (n. 1160), sacerdote alla corte di Enrico VI di Svevia, insegnante all’Università di Salerno, aveva scritto  il “Liber ad honorum Augusti”, conosciuto come “De rebus siculis carmen”, in cui sono esaltate le imprese e il governo dell’imperatore Enrico VI, in Sicilia. Altro testo, andato perduto era invece dedicato alle imprese di Federico Barbarossa. Pietro aveva anche scritto un libro in cui descriveva le sorgenti di Pozzuoli e le loro virtù terapeutiche (De balneis puteolanis)

 

PIETRO DIACONO: (1107-1159), monaco benedettino, bibliotecario e archivista nell’Abbazia di Montecassino. Trascrisse e compendiò molti autori antichi, e nella sua “De viris illustribus casiniensibus” proseguì la cronaca di Leone di Ostia-Leone Marsicano (“Chronicon Cassinensis” dal 529 al 1075).

 

RICCARDO DI S. GERMANO: nato (XIII sec.) a Cassino (denominata originariamente s. Germano), noto per la “Cronaca” di tutti gli avvenimenti accaduti nel regno di Sicilia o nel mondo dal tempo della morte di re Guglielmo fino al tempo di Federico II (1189-1243). Più che cronista, può essere considerato vero storico. Per l’amore mostrato nei confronti di Federico II era stato tacciato, ma ingiustamente, di aver falsato delle verità di cui era stato testimone.

FINE

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