BISANZIO

LA CITTA' D' ORO

 

MICHELE DUCAS PUGLIA

 

La città preesisteva dal VII sec. (650 a. C.), costruita da Byzas uomo di mare, considerato figlio di Nettuno. Era stata popolata dai suoi seguaci provenienti da Argo e Megara. Essa si trovava su un promontorio (Corno d'Oro) circondato dal mare, a nord dal Bosforo, a sud dal mar di Marmara (per gli antichi Propontide). Successivamente era stata ricostruita e fortificata dal generale spartano Pausania.
Era un importante centro commerciale favorita dalla posizione dominante sul Bosforo e l'Ellesponto, vale a dire le coste dell' Europa e dell' Asia, che racchiudono da una parte il Mar di Marmara, famoso per la pescosità delle sue acque (come oggi lo è per l'inquinamento), dall'altra l'Ellesponto (Dardanelli) dove si poteva impedire l'accesso al mar di Marmara. Erano le due porte del mare, che si potevano chiudere all'accesso delle navi nemiche. Il clima era salubre, il terreno fertile, vi erano sette colli come a Roma (ma erano stati realizzati artificialmente), l'accesso dalla terra era facilmente difendibile.
L'imperatore Costantino (306-337) aveva pensato di creare una città nuova per dare un taglio definitivo a Roma, oramai in decadenza, dove la popolazione era in forte discesa (da un milione era ridotta a trentamila abitanti), il potere era accentrato nelle mani del decrepito e paludato Senato, che come una piovra non lasciava molto spazio alle iniziative degli imperatori.
In un primo momento Costantino aveva scelto la pianura sottostante l'antica Troia, che suscitava memorie di imprese eroiche e dalla quale i romani derivavano la loro origine. Ma, oltre al richiamo agli eroi, vi era quello agli dei che il cristianesimo voleva far dimenticare (i suoi consiglieri erano sacerdoti cristiani!). Erano appena iniziati i primi lavori quando cambiò idea in maniera repentina. Con la componente divina e magica con cui molto spesso giustificava le sue decisioni (sogni o visioni come l'apparizione celeste dell' <in hoc signo vinces> che aveva raccontato di aver sognato), anche questa volta aveva detto che Dio gli si era presentato in sogno e gli aveva ordinato di scegliere un altro posto.
Costantino si era indirizzato in Calcedonia, sulla sponda asiatica di fronte a Bisanzio, ma un volo di aquile non si mostrò d'accordo su quest'altra scelta. Le aquile infatti avevano rubato una cordicella che serviva per le misurazioni dei progettisti e l'avevano portata sull'altra riva, dove si trovava l'antica città. Il destino di Bisanzio era stato finalmente deciso.
Quando si accingeva a costruire (in effetti si era trattato di ricostruzione e di ampliamento) la Nuova Roma, fece sapere ai posteri, scrivendolo in una legge, che aveva ubbidito a un comando di Dio, senza però riferire in che cosa fosse consistito il messaggio divino.
Come scrive Gibbon, furono gli scrittori posteriori a farsene carico e raccontare di una visione notturna che Costantino aveva avuto mentre dormiva a Bisanzio.
Fu così raccontato che Costantino aveva sognato il <genio tutelare della città> che, sotto le vesti di una matrona appesantita dagli anni e dalle infermità, venne trasformata in florida fanciulla che egli aveva ornato con i simboli della grandezza imperiale.
Costantino, non potendo seguire il costume romano e fare una cerimonia pagana, essendo in fondo alla sua anima rimasto pagano, guidò a piedi una processione con una lancia in mano, indicando quale sarebbe stato il tracciato delle nuove mura della città. La circonferenza però era molto ampia e qualcuno osò farglielo notare, ma lui impavido rispose che avrebbe continuato <finché Egli, l'invisibile guida che gli camminava davanti, non si sarebbe fermato>!
La città fu ricostruita, in dieci anni (324-334), per la fretta nel costruire si verificavano dei crolli. Anche la cupola della chiesa di s. Sofia crollò a causa di un terremoto (che erano frequenti in quella zona) ma fu subito ricostruita.
Le nuove mura furono dette di Costantino. Ma la città era in continua espansione e fu necessario fare un'altra cerchia, la più esterna, che fu costruita da Teodosio II (413-439-447), con filopatio (porticato) interno ed esterno. Queste mura si congiungevano con quelle che chiudevano la città dalla parte del mare. La città era quindi chiusa da un possente anello di mura. L'accesso avveniva attraverso trentaquattro porte.
Bisanzio era attraversata da due strade principali. La via trionfale che partiva dalla Porta Aurea e sfociava sulla via Mese; prima di giungere alla via Mese, la via Trionfale attraversava due piazze, il foro Arcadio e il foro Boerio. Via Mese proveniva da nord-ovest, dalla Porta Carsio o di Adrianopoli. Le due vie si congiungevano al Filadelfio e proseguivano, formando una ipsilon, attraversando il forum Tauri o di Teodosio e il foro di Costantino, che era a forma ovale e aveva un porticato con duplice colonnato (come quello fatto successivamente per s. Pietro a Roma), che si trovava anche ai lati delle stesse vie. Sulla piazza affacciava il palazzo del Senato.
La strada proseguiva giungendo alla chiesa di s. Sofia e all'ippodromo con l'Augusteon o corte di palazzo, così detta perché era dominata da una colonna di porfido con la statua della imperatrice Elena, madre di Costantino, da lui nominata Augusta.
La chiesa di s. Sofia nei secoli successivi subirà due distruzioni causati da incendio, verso la fine del IV sec. e nel 532, durante la rivolta di Nika (v. Intrighi, complotti ecc. P. sec., sez. II). Fu ricostruita da Giustiniano (537) che, ad evitare ulteriori incendi, fece sostituire tutto il legno, ad esclusione delle sole porte, con pietre e marmi, rendendola ancora più bella. Il suo splendore non aveva uguali.
L'edificio a croce greca iscritta in un quadrato ha una cupola centrale sulla quale la mezzaluna, dal 1453 (caduta di Costantinopoli) ha sostituito la croce latina. Essa è illuminata da ventiquattro finestre e poggia su quattro massicci pilastri formati da grossi blocchi di pietra quadrati e triangolari, stretti con cerchi di ferro e cementati con piombo e calce viva. Il peso della cupola fu alleggerito dall'uso di materiale come pomice e mattoni di Rodi che erano cinque volte più leggeri dei mattoni normali. Oltre alla grande cupola centrale, ve ne sono due maggiori e sei minori. Le colonne, balaustre, pavimento furono fatti con preziosi marmi policromi. La balaustra del coro, i capitelli delle colonne e gli ornamenti delle gallerie furono fatti in bronzo dorato. La tribuna conteneva quarantaduemila libbre (circa 450 gr. per libbra) d'argento. I vasi e gli arredi sacri dell'altare erano d'oro puro incastonati con gemnme preziose (per il saccheggio, v. l'articolo Veneziani intraprendenti ecc.).
In questa chiesa avevano luogo le incoronazioni e tutte le più importanti manifestazioni religiose. Annesso alla chiesa di s. Sofia, era il palazzo del patriarca.
Dall'ippodromo partivano le mura di cinta della cittadella imperiale, che era direttamente collegata con la tribuna o podio imperiale.
L'ippodromo, o circo, era di una bellezza incomparabile. Lungo quattrocento passi e largo cento (cinquecento metri per centocinquanta), poteva ospitare tremila persone ed era pieno di statue e obelischi.
Le vicine terme, abbellite da Costantino, erano state ornate da colonne di marmo di vario colore e da oltre sessanta statue di bronzo. Di bagni pubblici in città ve ne erano otto e di privati centocinquanta. Statue e opere d'arte erano state fatte portare da tutte le parti dell'impero. Le cave di marmo bianco dell'isola di Proconneso davano lavoro a tutti gli artigiani e operai disponibili. Poiché gli artigiani utilizzati non bastavano a smaltire i lavori commissionati, Costantino ordinò ai magistrati delle più lontane province di fondare scuole e attirarvi, anche con premi, allievi, perché fossero istruiti nell'arte scultorea e nell'architettura.
Sulle colline digradanti dalla piazza dell'Atmeidan (ippodromo) verso il mar di Marmara, vi era il palazzo imperiale denominato Boukoleon, in quanto Giustiniano nel suo appartamento aveva posto una statua che rappresentava la lotta di un toro con un leone, da bous (toro) kai (e) leon (leone). Il nome esteso a tutto il complesso degli edifici era stato frainteso dai francesi e chiamato bouche-de-lion (bocca di leone).
Il complesso della cittadella era un intrico di palazzi e numerosi edifici, con il complesso delle vecchie caserme e delle prigioni (ex bagni pubblici), uffici della burocrazia, scuderie, che nel loro insieme costituivano il Grande Palazzo al quale si accedeva attraverso la Porta Bronzea. Tra questi vi erano, il palazzo di Khalkha e Magnaurion, il Tribunale dei Diciannove Letti, usato per banchetti e a volte per le incoronazioni.
Vi era una sala, la Porphira, interamente rivestita di porpora dove partorivano le imperatrici (dal che il nome di <porfirogenito-nato nella porpora> preso da alcuni imperatori), il Crysatriclinum, la Sala d'Oro, una sala per banchetti per 300 posti.
Il palazzo della Dafne (prendeva il nome da una statua di Dafne, portata da Roma), il Sacro palazzo, la dimora privata dell'imperatore e della sua famiglia, che non era che un susseguirsi di sale sfarzose (ve n'erano cinquecento) intercomunicanti, impreziosite da mosaici aurei e una trentina di cappelle lastricate di marmo liscio come cristallo. In esse si concentrava il massimo dello splendore, vi era oro a profusione come il trono in oro massiccio, d'oro era il soffitto delle sale private, arredate con preziosi tappeti di seta, ornate di porpora e rivestite di tappezzeria di seta, con i mobili (armadi e cassettoni) di ebano e madreperla incastonata, i pavimenti erano in mosaici aurei. Porte d'avorio su guide d'argento chiudevano gli appartamenti imperiali.
In tutto questo sfarzo si muovevano come ombre, centinaia di servi ed eunuchi (qualunque distrazione, come far cadere un vassoio, era punito con la decapitazione).
Il palazzo era collegato all'ippodromo da una galleria coperta. In quei pressi vi era la Chiesa Nuova. Più a nord il campo di polo.
Da Costantino in poi, non vi fu imperatore che non avesse abbellito con qualche edificio nuovo il complesso imperiale con costruzioni d'ogni genere.
Appartamenti fatti per i ricevimenti, padiglioni immersi nel verde con piante di querce, platani e piante che spargevano un intenso profumo narciso e di rosa, fontane con giochi meccanici che lasciavano i visitatori pieni di stupore, laghetti, piscine e biblioteche.
D'oro era la carrozza dell'imperatore tirata da muli bianchi, i cui finimenti erano tutti ricoperti d'oro. Di porpora con ricami d'oro erano le vesti dell'imperatore che ornava la testa con un diadema o con una corona d'oro con pietre preziose (*).
Il Bukoleon si affacciava sul piccolo porto del Boukoleon, riservato al palazzo. A fianco vi era il porto di Sofia con magazzini, il quale era circondato da mura anche dalla parte del mare. Ai porti, tanto dal lato del Corno d'oro, quanto dalle rive della Propontide, arrivavano navi da tutte le parti del mondo, dalla Germania e Scizia arrivava legname, dall' Europa e dall' Asia manufatti, dall'India gemme e spezie, dall'Egitto grano, con tutta una folla cosmopolita…<era come se il mondo si fosse dato appuntamento a Bisanzio> (1).
Non vi era luogo che non avesse lunghe gallerie (vi erano cinquantadue portici) con terrazze, dalle quali la vista si stendeva sul Bosforo e sul mar di Marmara. Scale, torri, giardini, palazzi (quattordici) e case (4.388) che per la loro architettura si distinguevano da quelle della plebe. Tutto disposto senza simmetria, senza un progetto d'insieme, ma ricco d'incanto, fantasia e magnificenza.
La città era splendida, le ville dei nobili avevano bagni di marmo e pavimenti pregiati.
La via Mese, il foro del Toro e il foro di Costantino, erano circondati da porticati, con le botteghe disposte sotto i portici. Era il bazar, con i tavoli dei cambiavalute coperti di monete, con i droghieri che vendevano carni, pesci salati, farina, formaggi, legumi, olio, burro, miele e i venditori di profumi. Lo spettacolo era quello del folklore orientale che si respira oggi nella stessa Istambul o al Cairo o a Tunisi (tolto il traffico caotico e inquinante!).
A Nord, sul versante orientale dell'Acropoli, vi era il complesso dei Mangani che prendeva il nome dell'arsenale di macchine da guerra, che comprendeva un palazzo, un ospedale e la chiesa di s. Giorgio, costruiti da Costantino IX (1042-1055). Sulla punta orientale del promontorio, affaccianti sul Corno d'oro, vi erano il gran Serraglio e verso ovest il quartiere dei genovesi (subito dopo il Serraglio), e, proseguendo, quello dei pisani e quello dei veneziani.
Infine, nell'amgolo di Nord-est della città vi era il palazzo imperiale delle Blacherne, addossato alle mura della città, dove l'aria era più salubre e si dominava la campagna e il Corno d'Oro. Quì si trasferì la Corte da Alessio I dal 1118 in poi. Non molto lontano, fuori le mura era il Philopation, la villa di campagna e ritrovo di caccia, circondata da boschi.
Gli imperatori si trasferiranno alle Blacherne e il Boukoleon rimarrà come residenza di rappresentanza. Verrà in seguito poco alla volta abbandonato, tanto che Mehemet II, quando conquistò la città nel 1453, trovò la città imperiale in rovina, e su quelle rovine recitò i versi del poeta persiano Firdausi <il ragno nel palazzo tesse la ragnatela e la civetta grida sulle torri>.

*) A Bisanzio si erano accumulati nei vari secoli tanti tesori, che poi con il grande saccheggio della IV Crociata, 1204 (v. Veneziani intraprendenti , il business ecc.), andranno dispersi.

 

1. UN ORACOLO PER BISANZIO. Lo storico Zosimo (VI sec. d.C.) racconta che si era spesso chiesto come mai Bisanzio avesse raggiunto un livello di crescita non paragonabile a nessun'altra città, per benessere e grandezza. Eppure, egli scrive, nessuna divinità aveva predetto ai nostri antenati la sua ascesa e la sua prospera fortuna. Questo pensiero, che lo assillava, lo aveva spinto a consultare molti libri di storici e molte raccolte di oracoli. Alla fine gli capitò sotto gli occhi, dopo difficili ricerche, un oracolo attribuito alla Sibilla di Eritre, o a Fannò d'Epiro (anche questa dava responsi quando era posseduta dalla divinità), che vaticinando a Nicomede I, re di Bitinia, (279-255 a. C.), disse tra l'altro che <tosto il potere passerà agli uomini che abitano la terra di Bisanzio>. Segue un verso lacunoso che richiama <l'Ellesponto tre volte beato> e <le mura degli uomini costruite dagli dei> (le mura di Bisanzio, costruite dopo diversi secoli, erano possenti e non facilmente espugnabili; potevano essere considerate costruite dagli dei).
E' stato così possibile collegare la fondazione di Bisanzio a una predestinazione degli dei, come volevano le credenze dell'epoca.

 

FINE

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