a cura di Michele Puglia
Ha le sue origini nello scisma d'Oriente. Guai a parlare
agli ortodossi di scisma, perché essi considerano <eretici>
(1) i cattolici, in quanto si ritengono i depositari della dottrina!
Lo scisma viene comunemente collegato al termine <filioque>,
che ne sarebbe stato la causa (v. in Schegge: Libri carolini e
iconoclastia). Ma ciò non è esatto in quanto vi
erano stati molti altri fattori, oltre al <filioque>, che
era stato aggiunto al credo latino (Credo nello Spirito Santo
che procede dal Padre e dal Figlio), mentre mancava nel credo
orientale - detto niceno - (Credo nello Spirito Santo
che
procede dal Padre).
Lo scisma ebbe luogo per alcuni nel 1054, per altri in occasione
della quarta crociata (2). In ogni caso aveva iniziato a fermentare
lentamente già da molti secoli, iniziando dall'anno 350,
da quando Costantino aveva trasferito la capitale da Roma a Bisanzio
(nel medioevo chiamata Costantinopoli, in turco Stambùl,
quindi Istambùl).
Costantinopoli era la città d'oro del Bosforo, la più
bella dell'Occidente, che l' imperatore aveva fatto ricostruire
con magnificenza, seguendo motivi architettonici romani, greci
e persiani (in dieci anni 324-334), utilizzando le tecniche romane
e quarantamila soldati goti. Furono costruite quattordici chiese,
una diecina di monasteri, una università, quattro palazzi
di giustizia, quattordici residenze imperiali, oltre quattromila
case private, due teatri, otto terme pubbliche e cinquanta private,
porticati e giardini, facendovi affluire monumenti da Roma, Atene
e Alessandria (v. in Schegge: Bisanzio la città d'oro).
Nel 381 a Costantinopoli fu organizzato un Concilio durante il
quale i vescovi avevano inserito un canone, non approvato da Roma,
nel quale essi auspicavano che Costantinopoli avesse la supremazia
onoraria, dopo Roma, con il riconoscimento dell'esercizio della
giurisdizione sulle chiese d'Oriente, in pratica già esercitato.
Nel 725, l'imperatore Leone III Isaurico emanò l'editto
iconoclasta, con cui ordinava la distruzione delle icone dalle
chiese, utilizzando l'esercito. Questo fatto non fu accettato
né dalla popolazione, né dalla stessa chiesa ortodossa
e neanche dal papa, che scomunicò l'imperatore e i persecutori
delle immagini, per cui i rapporti tra Roma e Bisanzio subirono
una ulteriore crisi.
Nell'800, altra crisi era stata determinata dalla incoronazione
di Carlo Magno (25 Dicembre) a Imperatore, nomina che veniva considerata
una usurpazione in quanto erano gli imperatori d'Oriente a essere
i depositari della rappresentanza imperiale d'occidente e oriente.
Carlo Magno (che per i bizantini era un barbaro, com'erano considerati
tutti i franchi) fece il tentativo di chiedere in sposa l'imperatrice
Irene, senza riuscire. Carlo cercò di affermare la sua
legittimità accusando l'impero d'oriente d'eresia, appigliandosi
al famoso <filioque>. Come detto, questo termine era stato
inserito nel Credo latino già nel V-VI secolo (a Toledo
in un Concilio locale), ma a quel tempo non aveva dato motivo
di appigli, mentre Carlo pensò di sfruttarlo contro l'ortodossia
di Bisanzio (v. in Specchio dell'epoca, Libri Carolini e iconoclastia).
Altro accadimento, che aveva suscitato un ulteriore acutizzarsi
dei rapporti tra Roma e Bisanzio, fu la nomina (Natale dell' 858)
del vescovo Fozio (3) a patriarca di Bisanzio. L'elezione di Fozio
non era stata regolare e, successivamente alla sua nomina, si
verificarono fatti che prepararono un primo scisma.
Tra questi fatti vi fu la richiesta d'adesione della Chiesa bulgara
al cristianesimo d'Oriente o d'Occidente, che interessava il Papa
(Nicola II). Per questo motivo Fozio ruppe con Roma. Lo scisma
però, fu di breve durata.
Intanto il riconoscimento ufficiale del <filioque> intervenne
soltanto nel 1014, quando il papa Benedetto VIII incoronando l'imperatore
Enrico II, sanzionò l'uso del Credo con la sua aggiunta
per tutti i cristiani d'Occidente
e la polemica continua
in quanto gli Orientali continuano a non accettare il <filioque>!
Si arriva al 1054. Il patriarca Michele Cerulario voleva avere
la stessa autorità del pontefice romano, per questo tirò
fuori una questione dogmatica (sulle quali i bizantini eccellevano)
dell'uso del pane azimo e del digiuno del sabato di Quaresima.
Il patriarca riteneva questa non osservanza un grave peccato contro
l'ortodossia, per questo motivo aveva fatto chiudere tutte le
chiese latine. Il papa (Leone IX) mandò una delegazione
a Bisanzio, che non fu ricevuta; perciò il 16 luglio il
capo della delegazione, Umberto di Mourmontiers, depositò
la scomunica preparata dal cardinale Umbero, membro della delegazione,
sull'altare della chiesa di Santa S. Sofia.
Nel frattempo il papa era morto, di conseguenza quella scomunica
perdeva efficacia; a sua volta il patriarca, che apparve come
l'offeso, scomunicò i legati. Non sembra che si sia avuta
in quest'anno la rottura definitiva, che comunque ebbe luogo con
gli avvenimenti della quarta crociata (1). A nulla valsero i tentativi
di riconciliazione dei concili di Lione (1274) e di Ferrara-Firenze
(1438-39).
Quest'ultimo Concilio era stato convocato su richiesta dell'imperatore
di Bisanzio, che chiedeva aiuto all'Occidente in quanto minacciato
dai turchi, anche a costo di riconoscere l'unione delle chiese
e la supremazia di Roma. Tuttavia, pur avendo avuto questo riconoscimento,
desiderato da secoli, Roma e l'Occidente non si mossero ad aiutare
Bisanzio, che fu presa dai turchi alcuni anni dopo, nel 1453.
Dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi, venuta
a cadere la supremazia della Chiesa greca, tutte le chiese orientali
divennero autocefale, cioè autonome, mantenendo però
tutte il rito bizantino. Si ebbero così i quattro patriarcati
indipendenti di Costantinopoli, Gerusalemme, Antiochia (che comprende
Libano e Siria e costituisce la chiesa ortodossa-melchita) e Alessandria
d'Egitto, ai quali si aggiunse successivamente quello di Mosca.
Vi era anche il patriarcato d'Aquileia, che non seguì gli
altri nello scisma e fu assorbito dalla Chiesa Latina.
La chiesa russa ebbe modo di riorganizzarsi dopo la caduta di
Costantinopoli, conquistata dai turchi.
La Rus' (Russia) era stata convertita al cristianesimo dagli ortodossi
di Costantinopoli nel 988, rimanendo sottomessa alla chiesa di
Costantinopoli fino al 1451, fino a quando cioè i russi
scoprirono che <l'imperatore e il patriarca (bizantini) non
erano giusti>!
La chiesa russa fin dall'origine faceva capo al metropolita di
Kiev (Ucraina); vi era anche un odio verso la Chiesa Latina in
quanto era la Chiesa dei nemici polacchi e scandinavi. Il trasferimento
della Chiesa russa da Kiev avvenne quando il patriarca Geremia
II si recò a Mosca nel 1586, per la costruzione di una
sede episcopale. Nel 1596 il metropolita di Mosca fu nominato
patriarca della Chiesa russa, per cui il primariato da quel momento
venne assunto dal metropolita di Mosca.
1. La Chiesa orientale respinge la dottrina del Purgatorio,
quella dei "meriti eccedenti" dei santi e delle indulgenze,
quella dell'lmmacolata Concezione. Nella Trinità non ritiene
uguali le tre Persone divine (lo Spirito Santo procede soltanto
dal Padre, non anche dal Figlio). Alla morte di Cristo sulla croce
non compete alcun valore dogmatico nei riguardi della redenzione
del genere umano.
2. La Chiesa orientale non conosce alcun potere centrale, alcun
capo supremo. Nel suo ambito esistono, come nel protestantesimo,
l'una accanto all'altra Chiese territoriali autonome. Ogni decisione
su questioni dogmatiche non rientra nella competenza dei patriarchi,
ma in quella del Concilio.
3. Nella Chiesa orientale non vige, per il clero inferiore, il
principio del celibato. Il matrimonio dei preti (pope) di regola
si effettua poco prima della consacrazione sacerdotale, che non
conferisce il carattere indelebile che ha la Chiesa Cattolica-romana,
in cui il "sacerdote è tale per sempre". La consacrazione
può quindi essere revocata. Gli alti dignitari (vescovi
e patriarchi) sono invece tenuti al celibato. Essi vengono eletti,
con la collaborazione di laici, tra il clero regolare. Il basso
clero non riceve educazione propriamente dottrinale, ma gli vengono
insegnati i principi basilari per poter esercitare le funzioni
del servizio divino.
4. Il servizio divino della Chiesa greco-ortodossa è celebrato
in slavo ecclesiastico, che si rifà all'antico dialetto
bulgaro. La liturgia è essenzialmente una rappresentazione
simbolico-drammatica della storia sacra e la predica è
subordinata a questa parte della rappresentazione. Nel servizio
divino la comunità resta passiva, poiché per lei
parla il prete. Soltanto a Pasqua essa interviene nell' azione
del culto con brevi responsori. Al servizio divino tutti assistono
stando in piedi, anche se esso dura due o tre ore. Nemmeno gli
infermi possono star seduti, ma hanno la possibilità di
appoggiarsi.
5. Nella Comunione non si adopera pane azimo sotto forma di ostia,
ma vero pane lievitato. Ai fedeli è offerto sia il pane
che il calice. Il vino è mescolato con acqua. Poiché
non esistono i due passaggi della Chiesa cattolica-romana, della
Prima Comunione e della Cresima, alla Comunione possono partecipare
tutti, anche i fanciulli, per i quali però questa facoltà
è concessa soltanto in casi eccezionali.
6. Nelle chiese greco-cattoliche l'altare si trova normalmente
dietro una parete dipinta, " ikonostas ", e quindi resta
sottratto agli occhi della comunità. Invece nel rito cattolico-romano
il sacerdote officiava stando di spalle e davanti all'altare,
mentre ora con la nuova liturgia egli sta dietro all'altare, ma
di fronte ai fedeli. Sotto l'influsso della Chiesa greco-ortodossa,
i Russi presero a poco a poco l'abitudine di considerare fondamentalmente
eretico tutto quello che veniva dall'Europa occidentale, e di
respingerlo come tale. Anche la semplice imitazione esteriore
del modo di vita occidentale, nel vestiario, nelle forme dei rapporti
quotidiani, nell'arredamento delle case, passava per distacco
dalla retta fede. Anzitutto, era proibito severamente ogni contatto
con la vita spirituale dell'Occidente. La stretta aderenza a Bisanzio
aveva così inoculato nel popolo russo pregiudizi antieuropei.
L'avversione verso il mondo " latino " (cattolico- romano)
per lungo tempo eliminò dallo sviluppo della Russia le
correnti letterarie e filosofiche dell'Occidente.
L'uso dello slavo ecclesiastico nel servizio divino esonerava
il clero dalla necessità di studiare il latino e il greco,
il che rese impossibile alla Russia di partecipare alle creazioni
intellettuali sia della scolastica che dell'umanesimo, ed in generale
rese angusto il suo orizzonte spirituale. A questo riguardo fu
importante anche il fatto che nella scrittura russa non fu introdotto
l'alfabeto latino, come presso i Polacchi ed i Cechi, ma il cirillico
(4).